Chiesa di Corenno Plinio: Affresco “L’Adorazione dei Magi”

sabato, Gennaio 28, 2012 @ 07:01 PM

Chiesa di Corenno Plinio: Affresco "Epifania"

Il secondo affresco trecentesco riporta all’attenzione del fedele il racconto evangelico dell’Adorazione dei Magi. Si trova sulla parete laterale verso nord, presso l’attacco con il presbiterio. Il muro si piega verso un’angolazione già riferibile alla precedente soluzione absidale, anteriormente al momento della demolizione e al rifacimento barocco delle murature, nella zona orientale della chiesa. L’intonaco policromo di questo riquadro venne in una fase successiva ricoperto con uno strato di affreschi, databili al XV secolo, di cui rimangono cospicui avanzi nella parte inferiore. Resta quindi un fatto inspiegabile come mai a così breve distanza di tempo si sia effettuato questo rifacimento sull’affresco in esame. Nella parte inferiore è stato riscoperto un modesto avanzo di fregio a fogliami vegetali come nell’affresco precedentemente commentato. Tale dettaglio potrebbe confermare non solo la contemporaneità dell’esecuzione per i due grandi affreschi, ma probabilmente anche il medesimo autore delle due opere.

Osservando con attenzione la Madonna e ricordando che siamo nel Trecento, si può intravedere un modo nuovo di intendere la donna rispetto al passato, così come la stavano presentando i poeti dell’epoca (Dante e Petrarca) e i pittori (Simone Martini e Giotto). La sua posizione, per quanto statuaria, mostra una figura mossa, con il capo rivolto verso i due magi. La rigidità delle rappresentazioni di un tempo è superata anche nella figura del Bambino, molto vivace, che cerca quasi di fuggire dalle mani della Madre per avvicinarsi ai magi mentre tende la destra benedicente. La Madonna è seduta di fronte ai fedeli che la venerano, ma lo sguardo è rivolto verso i due re che rendono omaggio al fanciullo. Da notare la linea obliqua che parte dalla testa della Madonna va alla testa del re anziano e poi risale a quella testa del re giovane in piedi che crea un triangolo. Nella parte mancante dell’affresco certamente era rappresentato il terzo re, quello con la pelle nera. Infatti questi magi, secondo le tradizioni posteriori al vangelo di Matteo, provenivano da popoli appartenenti alle tre razze conosciute e rappresentavano l’umanità intera, “tutte la nazioni della terra”, come dice la Bibbia.

Nella parte superiore dell’affresco a fianco del trono brilla la stella, una semplice stella davidica a cinque punte. Il nostro pittore desidera rappresentare ai fedeli la scena descritta dal vangelo di Matteo, l’unico che riporta, parlando dell’infanzia di Gesù, l’episodio dell’adorazione dei magi, (cfr. approf. 1). Il racconto in sé è una rielaborazione teologica di testi e di avvenimenti dell’Antico Testamento per affermare, in coerenza con il resto del suo Vangelo, che Gesù è il vero Messia venuto a salvare tutti gli uomini e non solo gli Israeliti. Il pittore va oltre il racconto evangelico e si avvale anche delle tradizioni popolari dei vangeli apocrifi (cfr. approf. 2). Matteo non menziona, infatti, il numero dei magi, non riporta i loro nomi e nemmeno afferma che siano re. Per lui sono magi-astrologi rappresentanti di popoli orientali non appartenenti al popolo eletto. La scena è fissa sul momento in cui la stella a Bethlemme si è fermata sopra il luogo dove si trovava il fanciullo (paidion). Sono ormai trascorsi due anni dalla nascita. I magi entrano nella casa, vedono il bambino con Maria, sua madre, gli rendono omaggio con una prostrazione, aprono i loro scrigni e gli offrono in dono oro, incenso e mirra. L’oro indica la regalità del Cristo mentre gli altri due doni che sono resine vegetali: la prima simbolizza la divinità e la seconda, utilizzata anche per le imbalsamazioni, quindi fa riferimento alla morte redentrice del messia. Nella casa, di cui si intravede nell’affresco il soffitto riccamente adornato, si erge un trono stupendamente decorato dove Maria, una giovane donna elegantemente vestita mostra il bambino in piedi sulle ginocchia. Il primo re ad inginocchiarsi in atto di adorazione è il più anziano. Secondo la tradizione, è caratterizzato dalla barba bianca e porge il suo “scrigno” stranamente a forma di reliquiario a baciare. Dietro a lui è in attesa il secondo mago molto più giovane: è in piedi e mostra con il lungo indice il suo scrigno a forma di reliquiario a cassetta. La sagoma dei due scrigni a forma di reliquiari riflette la vasta diffusione e la forte venerazione tipica del medioevo nei confronti delle reliquie. Il reliquiario quindi diventa il miglior contenitore per i regali da offrire a Gesù. (cfr. approf. 3) Si osservi una serie di dettagli dell’affresco:

  • La Madonna è assisa come una matrona o regina su un fastoso trono. Presenta una capigliatura gonfia e signorile, parzialmente coperta dal mantello orlato di pelliccia di ermellino che in qualche modo ci riporta alla memoria il “maphorion” bizantino. Sotto il mantello blu indossa una veste rossa con un colletto bianco abbellito da pietre preziose. È possibile vedere nel blu il simbolismo della divinità e nel colore rosso quello dell’umanità. Maria è infatti la donna “elevata” al stato divino, in quanto ripiena dello Spirito Santo e madre di Dio. Le decorazioni a rilievo in stucco applicate sulle diversi parti delle vesti di Maria, rivelano la presenza originaria di pietre preziose. Le aureole sia della madre che del figlio sono entrambe applicate in stucco a rilievo raggiato, con l’inserimento di altre semisferule. All’osservare la Madonna il visitatore percepisce una certa freddezza nello sguardo attonito, ma al contempo ha l’impressione che lei stia compiendo il gesto solenne di presentare orgogliosa il suo figlio non solo ai magi ma a tutti i fedeli che l’ammirano. Il pittore l’ha voluta rappresentare come una donna giovane elevata alla dignità di grande castellana e di mediatrice tra il cielo e la terra.
  • Il bambino riccioluto e biondo, ritto in piedi, si protende in avanti con tre dita della mano destra in atto di benedizione. Indossa una veste bianca con ricche bordature. Il suo gesto riconferma la volontà dei magi di riconoscere in lui il messia di Israele e il salvatore di tutti gli uomini.
  • I due personaggi in atto di adorazione, nell’interpretazione dei vangeli apocrifi, ostentano i segni della ricchezza e della regalità tipici dell’epoca medioevale: entrambi indossano un manto rosso foderato con pelliccia di ermellino bianco, simboli del potere. Da notare la suntuosità delle vesti dei magi, la veste con tunica a manica svasata con spacco e i guanti legati al polso secondo la moda di quel tempo. Il gesto del re genuflesso che tiene nella mano sinistra la corona deposta in segno di rispetto, come se si trattasse di un cappello, costituisce l’atteggiamento comune per indicare la sottomissione del vassallo al suo signore.
  • La stella che al suo sorgere annunciò l’evento della nascita di un personaggio straordinario e alla fine indicò il luogo dove si trovava Gesù è collocata al centro della scena. Certamente questi magi dell’oriente erano anche astrologi e sapevano interpretare i segni del cielo. Matteo introduce questo elemento nel suo racconto con una chiara allusione alla visione di Balaam nel libro dei Numeri (Num. 24,17). Si tratta quindi della stella davidica che sorge da Giacobbe. Anche i lettori di Matteo con un retroterra culturale greco-romano non avrebbero trovato strano un racconto in cui la nascita del re dei Giudei fosse annunciata da una stella, infatti sono numerose le testimonianze classiche nelle quali dei corpi celesti presagivano la venuta di grandi uomini o avvenimenti eccezionali. (cfr. approf. 4)

Significato teologico
L’autore intende raffigurare l’evento riportato dall’evangelista Matteo nel capitolo secondo del suo vangelo. I magi che provengono dall’oriente e che rappresentano i gentili, ricevono la rivelazione di Dio attraverso un fenomeno naturale, cioè una stella. Per gli ebrei, invece, c’erano le Sacre Scritture che preannunciavano la venuta del Messia. All’omaggio dei magi si contrappone il rifiuto del re Erode e dei sacerdoti e notabili di Gerusalemme e la loro intenzione di eliminare Gesù. Per i giudei convertiti della comunità cristiana a cui è rivolto il vangelo erano chiare le reminiscenze del neonato Mosè perseguitato dal Faraone, mentre per i convertiti dal paganesimo si riproponeva il costante conflitto che ripercorre tutta la vita di Gesù tra gli ebrei che non riconobbero il Messia e i non-giudei che invece accettarono il messaggio cristiano. Per Matteo la presenza di gentili in seno alla sua comunità in Siria non era la conseguenza del fallimento del piano di Dio in favore di Israele, bensì la continuità e il compimento di un piano di salvezza per coloro che venivano da lontano, piano che avrebbe trovato la sua realizzazione per mezzo del Salvatore di tutta l’umanità.

Il soggetto della Vergine in trono vuole raffigurare un’altra verità teologica: Maria è madre di Dio, secondo il dogma confermato dal Concilio di Efeso del 431. Lei presenta ai magi, ma anche alla comunità dei fedeli, il Bambino che è il Salvatore del mondo. In lei si manifesta il privilegio massimo della Grazia, diventando madre di Dio (Theotocos).

Aspetto etnografico
Nell’affresco ci si aspetterebbe di trovare i tradizionali cammelli usati dai magi per raggiungere prima Gerusalemme e poi Bethlemme. Forse il pittore non li aveva mai visti e quindi avrebbe fatto fatica a riprodurli. Anche il vangelo canonico non ne fa cenno, solamente vengono citati nelle profezie che parlano dell’arrivo di re orientali a Gerusalemme. Il popolo però non li ha dimenticati e li ha introdotti nei racconti e nelle tradizioni natalizie. A Corenno come negli altri paesi del lago, in occasione dell’Epifania e non del Natale, si lasciavano durante la notte che precede il 6 gennaio i regali per i bambini. Pur nella povertà, quelle famiglie riconoscevano che alla stregua del Bambin Gesù che aveva ricevuto i doni dai re anche i loro piccoli dovevano gioire la mattina dell’Epifania davanti a semplici regali: caramelle, frutta secca e qualche mandarino. Ai bambini si raccomandava di mettere del fieno sui davanzali delle finestre per i cammelli (“gli animali dalle gambe lunghe”), perché sarebbero passati i re magi a depositare i loro regali. Da notare il parallelismo tra il gesto dei magi nei confronti di Gesù e il gesto dei genitori verso i figli più piccoli.

Giudizio estetico
L’esecuzione della scena dell’Adorazione dei re magi si presenta con caratteri stilistici e tecnici obiettivamente assai prossimi a quelli del vescovo e degli apostoli. Però manifesta tuttavia una vivacità descrittiva e un’interessante resa dei particolari che non era presente nell’altro affresco. Il dipinto presenta una migliore esplicazione descrittiva che ci riporta ad un filone stilistico primo gotico: tetto della casa (stile gotico) il ricco trono decorato, le sontuose vesti di Maria e di Gesù Bambino. C’è un lontano richiamo alla pittura giottesca che “compiace all’intelletto dei savi a differenza dell’arte precedente che è intesa a dilettar gli occhi degli ignoranti”. (G. Boccaccio) La figura della Madonna è maestosa e ieratica. Si può ancora intravedere un non so che di bizantino nella posizione immobile della figura. Ci troviamo nel momento di passaggio dalla rappresentazione astorica del Divino (e tra essi la Madonna in trono) a quella storica, cioè il personaggio è contestualizzato in un evento storico, in questo caso l’adorazione dei magi. Questa modalità sarà tipica del periodo gotico, primi fra tutti per opera di Giotto. Si notano però nel nostro affresco il superamento degli schemi bizantini e l’apertura verso una rappresentazione che introduceva il senso dello spazio, del volume e del colore anticipando i valori dell’età umanista. Il visitatore può stabile un confronto e notare l’evoluzione dalla presentazione della Madonna in trono nell’adorazione dei magi a quella della Madonna del latte dipinta sotto la prima e all’affresco del 1538 in cui la Vergine assume fattezze più umane.

Roberto Pozzi

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