Archivio mese Marzo, 2012
IL SENTIERO DEL VIANDANTE
Introduzione
La sponda orientale del Lago di Como, in analogia con quella occidentale percorsa dalla strada Regina, era interessata fin dall’antichità da una serie di sentieri che servivano ai collegamenti tra Milano e i passi alpini. Nei primi decenni dell’Ottocento, l’apertura dí una nuova strada militare diretta al passo dello Stelvio (realizzata tra 1817 e 1834) provocò il progressivo abbandono del precedente sistema viario, che solo in anni recenti è stata riscoperto e valorizzato dall’Azienda di Promozione Turistica del Lecchese e denominato “Sentiero del Viandante”.
Impercorribile il primo tratto, dove oggi insiste la nuova strada statale 36, il sentiero ha inizio poco prima di Abbadia Lariana, nelle adiacenze della chiesa di S. Martino, e si mantiene a poca distanza dalla riva del lago fino alla chiesa di S. Giorgio nei pressi di Mandello del Lario.
Qui si porta più all’interno, raggiungendo gli antichi nuclei di Maggiana, Rongio e Sonvico; da Génico l’itinerario si divide: si può proseguire verso Lierna, seguendo probabilmente il tracciato di epoca medievale, oppure dirigersi verso l’interno, passando dall’antica chiesetta di S. Pietro di Ortanella. Entrambi i percorsi si riuniscono al castello di Vezio, uno dei fondamentali nuclei fortificati del Lario orientale.
Da Vezio si prosegue verso Gittana e poi verso Bellano dove, superato il torrente Pioverna e il famoso orrido, si incontra il Santuario di Lezzeno.
A nord di Bellano si raggiunge il castello di Dervio, poi Corenno Plinio, si costeggia il laghetto di Piona, fino a raggiungere nei pressi di Piantedo, quasi all’imbocco della Valtellina, la Madonna di Val Pozzo.
Recentemente il sentiero è stato allungato fino alle porte di Morbegno.
Ciò che trionfa in questo sentiero è il sapiente equilibrio tra l’attività umana e la natura. Molti appassionati di escursionismo la percorrono a tappe, assaporando momenti di evasione, immersi in un ambiente con bellissimi panorami che uniscono il lago al cielo. Lungo l’itinerario si scoprono agglomerati di case rustiche in pietra, i ruderi dei vecchi mulini, i castelli, le innumerevoli cappelle e le chiesette montane, i terrazzi coltivati a vigna e ad olivo. L’antica via di collegamento, che unisce i comuni e le valli del nostro territorio, è segnalata da cartelli indicatori arancioni.
APPROFONDIMENTI
Cenni storici
Il fascino del Sentiero del Viandante
Percorso da Abbadia a Lierna
La Castagna: un alimento importante per le generazioni passate
Le castagne sono il tipico prodotto autunnale: cadono spontaneamente dall’albero da settembre a dicembre.
I prodotti derivati, come la farina di castagne e le castagne secche, possono essere conservati a lungo e si trovano tutto l’anno.
Per centinaia di anni le castagne hanno rappresentato la principale fonte alimentare delle popolazioni del Lario durante l’autunno e l’inverno, tanto da meritarsi l’appellativo di “pane dei poveri”.
E’ infatti l’elemento base non solo per moltissime ricette tipiche del luogo, ma è stato utilizzato in passato anche come ingrediente di medicamenti e derivati.
Vista l’importanza di questo alimento, presentiamo una ricerca approfondita basata su un lavoro di Marina De Blasiis ed originariamente pubblicata sul sito della Proloco di Lierna.
Il Castagno
Proprietà e Uso delle Castagne
La Coltivazione e la Raccolta delle Castagne
Lavorazione delle Castagne
La Castagna come “Pane dei Poveri”
Leggende sulle Castagne
Ricette con le Castagne
La Gastronomia Lariana
L’arte culinaria è frutto di un lungo progresso evolutivo che ha coniugato e, allo stesso tempo ha influenzato, gli usi e i costumi delle popolazioni che hanno saputo ricavare dalla natura quanto di meglio poteva essere fornito al proprio sostentamento e, amalgamando sapientemente i sapori, hanno creato tesori culinari tipici della propria zona di origine.
La gastronomia tipica dell’area lariana è infatti fortemente influenzata dal territorio da cui è originata: sulle rive del lago è protagonista il pesce, il microclima estremamente mite ha favorito l’introduzione degli olivi; sulle montagne e nelle valli interne, sono molto utilizzati la polenta, salumi, formaggi e piatti a base di carne.
Di seguito un compendio delle ricette tipiche di questa zona del Lario:
Ricettario della Cucina Lariana
Approfondimenti:
La Cucina del Lago
La Cucina Montana e Valligiana
Le Castagne: un alimento importante per le generazioni passate
Lierna – I Mulini e Lavatoi lungo il torrente Buria
La passeggiata da Sornico a Grumo è accompagnata lungo tutto il percorso dalla valle del torrente Bùria che ha origine dai monti sopra i Saioli, scende e lambisce le frazioni meridionali di Lierna.
Benché attualmente la valle sia un luogo piuttosto trascurato e in molti punti cementificato, in passato le acque del torrente, che scorre impetuoso soltanto nei periodi piovosi, e dei suoi affluenti (Acqua del Gesso e Valle di Lembra) ebbero una grande importanza per la vita economica e quotidiana del nostro paese.
Il lavatoio di Sornico
A Sornico incontriamo un lavatoio, alimentato dall’Acqua del Gesso che riversa poi lo scarico nella Valle di Buria.
Il mulino di Sornico
Già nel Settecento l’acqua della Valle di Buria veniva sfruttata con incanalamenti e serbatoi lungo il suo percorso per il funzionamento di tre mulini ad una sola ruota, posti sul lato sud della valle.
Il Catasto Teresiano del 1722 li indica come appartenenti ai Venini, Rosaspini e Bonesatti, e due di essi sono ancora visibili, anche se la loro destinazione è completamente cambiata.
La loro superficie a quel tempo era soltanto di due tavole, equivalenti a mq 54 circa; il loro valore capitale era di una ventina di scudi con una rendita annua di poche lire.
Il primo mulino, posto all’inizio della via della Valle di Basso di fronte al lavatoio, è ora una casa ristrutturata a due piani, ma fino a poco tempo fa era conosciuto come “Mulino dei Migèta”.
Nella prima metà dell’Ottocento lo stabile, utilizzato come filanda e incannatoio, apparteneva ad Antonio Rosaspini, Primo Deputato del paese, uomo benestante, borioso e molto chiacchierato (forse da questo personaggio deriva l’epiteto firr affibbiato agli abitanti della parte sud di Lierna…).
Nel 1873 l’incannatoio possedeva quattro banchi con 50 fusi ciascuno e dava lavoro a dodici dipendenti per 234 giornate all’anno. Continuò ad essere proprietà dei Rosaspini Migèta e a funzionare fino al 1925 circa.
Proseguendo pochi passi lungo un sentiero troviamo un minuscolo rustico in ristrutturazione, anch’esso adibito anticamente a mulino, come dimostrano alcuni manufatti e resti di canali in pietra posti nelle vicinanze.
Il lavatoio di Mugiasco
Una parte di quest’acqua, attraverso una tubazione sotterranea, raggiunge il lavatoio coperto di Mugiasco costruito nel 1843 come si legge all’esterno della vasca.
Il mulino di Mugiasco
Scendendo ancora incontriamo un altro rustico con resti di macine, situato quasi nell’alveo della valle. E’ ciò che rimane di un manufatto ottocentesco conosciuto come “Mulino del Viulèta” o “Mulino della Serèna Viulèta” (personaggi della famiglia Barindelli liernese). Pare che questo luogo e l’acqua dell’invaso fossero utilizzati anche per tenere al fresco il latte prodotto nei dintorni e destinato alla caseificazione.
Il lavatoio di Casate
A Casate troviamo un terzo lavatoio con una graziosa cappelletta votiva del 1865 e un elaborato percorso idrico alimentato da un rigagnolo che scende dalla collina.
Il mulino di Casate
Il terzo mulino citato nel Catasto Teresiano era situato a Casate circa all’inizio dell’attuale via del Torchio. Non ne rimangono tracce visibili ma qui, fino ad una cinquantina di anni or sono, era attivo un frantoio appartenente alla famiglia Pensa (un certo Giuàn de l’Oli ne era proprietario) ed è probabile che si trattasse del mulino settecentesco.
Nelle vicinanze, fino ad alcuni anni fa esisteva anche un serbatoio a vasca che raccoglieva le acque utilizzate come forza motrice per la sottostante filanda di Grumo. L’azienda era sorta nel 1870 circa ad opera di Giovanni Battista Sala di Lecco, proprietario di altri filatoi nel lecchese di cui il più importante era quello situato nell’ex-Seminario di Castello. La filanda di Lierna era equipaggiata con 40 fornelli a carbone e 4 banchi d’incannatura con 75 fusi ciascuno. Era attiva per 236 giornate annue e impiegava 55 operai per la trattura, 24 per l’incannatura, pagati lire 0,55 giornaliere, 4 assistenti pagati lire 1,15 e un direttore che percepiva lire 1.100 annue.
Chiusa nel 1933, nel periodo della seconda guerra mondiale venne riutilizzata come fabbrica di concimi e mangimi, per poi essere trasformata nel 1975 in un residence che conserva ancora nella struttura qualche traccia dell’antica e ormai dimenticata filanda.
Testo di Franca Panizza
Lierna – La Chiesetta di San Martino a Grumo
Costituita da un semplice edificio con campanile, preceduto da un portico ornato da un ingenuo affresco raffigurante le Anime Purganti.
Al di sopra delle due finestre che affiancano l’entrata, fino al 1950 circa, erano presenti due nicchie in cui erano collocate delle ossa umane che si diceva fossero state ritrovate nei campi circostanti in tempi molto lontani.
All’interno l’altare è costruito con marmi policromi e la pala affrescata rappresenta la Vergine con S. Martino e S. Ambrogio.
Al di sopra un affresco ottocentesco raffigura il Transito di S. Giuseppe.
La citazione più antica di questo luogo è in un rogito notarile del 1436 riguardante un terreno appartenente alla chiesa di S. Martino di Lierna, in località Prato Grasso.
Dopo due secoli, alla fine del Seicento, il parroco di Lierna scrive che durante le processione delle Rogazioni si visitavano i resti dell’antico oratorio di S. Martino.
Nel 1899 il vescovo Valfrè di Bonzo si limita ad un cenno alla nuova chiesetta ricostruita, scrivendo che era stata eretta nel 1868 con il contributo dei liernesi emigrati nelle Americhe, per onorare la tomba dei padri, nel luogo ove era posto l’antico cimitero.
L’Oratorio è legato a leggende riguardanti “morti miracolosi” che apparivano in sogno ai liernesi nei momenti di difficoltà fornendo consigli utili, prevedevano il futuro, intervenivano in caso di bisogno ed erano considerati potenti numi tutelari del paese, degni di preci e rispetto.
Per propiziare le anime di questi defunti all’inizio del secolo scorso venivano effettuate delle processioni domenicali a questa chiesa, dopo i vespri pomeridiani.
Nelle località vicine rimangono ancora dicerie riguardanti fiammelle tremolanti avvistate durante la notte nel prato intorno alla chiesa, ritrovamenti di teschi, racconti di antichi morti di peste, di colera e di altri morbi e memoria di semplici sepolture coperte con lastre di pietra, senza corredi funebri, scoperte a fine Ottocento nei terreni attorno alla chiesetta.
Uno scritto del 1789 del curato Antonio Casartelli, conservato nell’archivio parrocchiale, ha infine chiarito l’origine di questi racconti.
Nel gennaio di quell’anno, mentre venivano eseguiti degli scavi nel fondo di S. Martino, sterile e infestato da spine e ceppi di rovere, dove rimaneva solo una lapide scoperta che copriva un piccolo sepolcro, si iniziarono a trovare numerose tombe antiche contenenti cadaveri umani.
I sepolcri erano costituiti semplicemente da due lastre di pietra e una più lunga sopra il cadavere.
Le pietre furono portare in casa parrocchiale dove servirono a pavimentare il portico d’ingresso e l’aia nel cortile, mentre le ossa vennero deposte in una cappelletta vicina alla strada, rinchiusa con ferrata e rete metallica. L’edicola venne poi decorata con le effigi della B.V. del Rosario, di S. Ambrogio e S. Martino per mantenere memoria dell’antico oratorio pre-esistente e del relativo cimitero.
A cura di Franca Panizza
Fonti:
– Archivio parrocchiale di Lierna
– Archivio diocesano di Como.
Lierna – San Michele a Sornico
L’antico oratorio di San Miche a Sornico, di probabile origine Longobarda e appartenente fino al 1202 al monastero di San Dionigi di Milano, come alri edifici religiosi liernesi aveva subito una riedificazione all’inizio del Seicento.
L’edificio conserva un aspetto lindo e campestre ed è ravvivato sulla facciata esterna da un piccolo affresco del 1826 rappresentante San Michele arcangelo.
A destra della porta di ingresso è posta una pregevole pila per l’acqua benedetta in pietra scolpita.
La sacrestia fu edificata nel 1731 e conserva un lavabo in marmo rosso, Sulle pareti ai lati dell’altare sono appese due tele a olio di grandi dimensioni, di cui una datata 1688 raffigurante S. Antonio con le anime purganti, l’altra rappresentante S. Luigi di Tolosa.
L’altare è in marmi policromi con inserti in madreperla e sul muro di sfondo è dipinto un affresco tardo settecentesco con angeli e decorazioni floreali.
Sopra l’altare è posta una bella icona, non datata, rappresentante S. Michele con lo sfondo del lago e delle montagne locali. Un crocifisso ligneo dipinto, di epoca incerta, orna l’arcone del presbiterio.
Le prime notizie scritte sull’Oratorio risalgono al 1668; a quel tempo non aveva reddito, però deteneva in dote qualche piccola terra da cui si ricavano poche lire.
All’interno vi era un quadro dipinto con l’immagine di S.Michele, S. Carlo e S. Francesco con la beata vergine e Gesù infante.
Le processioni delle Rogazioni Minori e Maggiori facevano sosta a S. Michele nel Settecento.
Il Beneficio di S.Michele era costituito da alcune “pezze di terra” e da due case affittate, il cui reddito serviva alla celebrazione di 229 messe annue che permettavano la sopravvivenza di un sacerdote. Alla fine del Settecento la dote era formata da una stalla con cassina e da 47 pertiche di terreni coltivati, prati e pascoli lavorati dai massari, e da cui si ricavava pochissimo. Nel 1867 il Beneficio venne svincolato dalle ultime patrone milanesi Agliati, che cedettoro i beni costituenti la dote alla Fabbriceria Parrocchiale. Questa nel 1873 vendette all’asta pubblica i fondi ricavando 6.256 lire che davano un introito netto di 270 lire annue, sufficienti per la celebrazione di sole 50 messe.
Si mantenne però la consuetudine di celebrare la messa cantata il 29 Settembre giorno dell’apparizione del Santo titolare.
A cura di Franca Panizza