Archivio categoria ‘Monumenti e Luoghi’

L’Orrido di Bellano

sabato, Gennaio 25, 2014 @ 03:01 PM
aggiunto da admin

orrido1Si tratta di una gola naturale creata dal fiume Pioverna circa 15 milioni di anni fa al tempo del disgelo del ghiacciaio dell’Adda le cui acque hanno modellato gigantesche marmitte e suggestive spelonche nel tratto tra Taceno e Bellano.
I tetri anfratti, il cupo rimbombo delle acque tumultuose che hanno ispirato moltissimi scrittori, hanno fatto dell’Orrido una delle località turistiche più note del Lario.
La peculiarità consiste nella possibilità di percorrere le gole tramite passerelle godendo così di una magnifica visita sulle cascate, sulle rocce e sulla vegetazione.
La forza dell’acqua venne sfruttata, nei secoli passati, per la lavorazione di minerali, pellame e tessuti.
Nel 16° e 17° secolo la famiglia Denti aveva costruito qui le fucine per la lavorazione del ferro estratto nelle miniere della Valsassina.
Cipriano Denti edificò poi degli splendidi giardini con torri, piscine e statue, frequentati anche dallo scrittore Sigismondo Boldoni.
Nel corso dell’800 numerose stampe dell’Orrido fecero il giro d’Europa e contribuirono ad accrescere la fama del luogo.
Nel 1998 l’area fu acquistata dal Comune che la destinò a uso turistico.
Interessante è la Ca del Diaol (casa del diavolo), strano edificio a torre costruito su uno sperone di roccia. Non se ne conosce né l’origine né la funzione ma per certo è attestata dal 1834.
Il suo nome è legato alle figure mitologiche affrescate sulle pareti esterne e interne.
All’interno narra la leggenda che il signore locale Lorla portasse le giovani per commettere rituali satanici e licenziosi festini.
A tale credenza è legata anche la Dirlindana, suonata dall’alto della torre campanaria a 10 minuti alle 22 tutte le sere.
Il motivo rintoccato dalle campane ricorda la frase “Don nde a cà” (donne andate a casa) proprio perché dopo quell’ora le ragazze rischiavano di essere rapite.
Il segnale, già attivo in epoca rinascimentale, fu prima abolito e poi ripristinato sotto la dominazione austriaca come coprifuoco.

APERTURE AL PUBBLICO

APRILE-MAGGIO-GIUGNO-SETTEMBRE
Tutti i giorni dalle ore 10 alle 13 e dalle 14,30 alle 19

LUGLIO – AGOSTO
Tutti giorni dalle ore 10 alle 19

MARZO – OTTOBRE – NOVEMBRE
Festivi e prefestivi dalle ore 10 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17

GENNAIO – FEBBRAIO – DICEMBRE
Festivi e prefestivi dalle ore 14 alle 17
5 Gennaio dalle ore 14 alle 17
25 Dicembre –chiuso

Per comitive e gruppi oltre gli orari sopra indicati chiamare al n. 338.524.67.16 o 333.137.20.45

PREZZI
Intero Euro 3,00
Ridotto (da 5 a 14 anni, ultra 65enni oppure Comitive di almeno 15 persone)  Euro 2,50
Comitive oltre 40 componenti, preannunciate da agenzie o altri operatori Euro 2,00 Euro 2,50
Residenti (in possesso della carta d’identità rilasciata dal Comune di Bellano) ingresso gratuito

Esino – Il viale della Croce e Michele Vedani

domenica, Aprile 7, 2013 @ 03:04 PM
aggiunto da admin

Esino - Via Crucis
Lungo il costone morenico che collega il paese alla Chiesa Parrocchiale di San Vittore è possibile ammirare una delle opere artistiche più importanti di Esino Lario: La Via Crucis o Via della Croce.
Ad opera dello scultore Michele Vedani fu realizzata su formelle in bronzo negli anni ’40 dello scorso secolo incastonate nelle antiche cappellette originariamente affrescate.
La Via Crucis nacque infatti dal desiderio di Minuccia – figlia del Vedani, morta ventenne, che chiese al padre di fare qualcosa “…a Esino, per Esino”, una sorta di tributo al paese che li accolse e li ospito’ per lungo tempo.
Le spese di fusione dei bronzi furono sostenute da residenti e villeggianti, mentre Vedani donò la propria opera.
Tra i volti raffigurati spicca quello della figlia Minuccia dalle lunghe trecce, rintracciabile in diverse “stazioni”.
La Via Crucis culmina con “La Resurrezione”- collocata nella Cappella Grande – realizzata nel 1968 dallo stesso artista, ormai novantenne.
Il Maestro Vedani realizzò altre opere ad Esino Lario; vale citare la lunetta, dedicata a San Vittore (collocata sopra il portale della Chiesa Parrocchiale), i busti dell’Abate Antonio Stoppani e di Papa Pio XI (abituali frequentatori della Grigna) ed i calchi in gesso della Madonna del Ciclamino e di un Gesù nell’Orto degli Ulivi.

Esino – Parco della Grigna Settentrionale

domenica, Aprile 7, 2013 @ 02:04 PM
aggiunto da admin

Esino Parco Grigne

Esino Lario e’ il cuore del Parco Regionale della Grigna Settentrionale; la sua centralita’ nel territorio protetto ne fa il punto di osservazione piu’ interessante per eccellenza.
Il Parco si estende, oltre ad Esino, tra i comuni di Cortenova, Parlasco, Pasturo, Perledo, Primaluna, Taceno e Varenna, coprendo una superficie di ha. 5.548.
Il territorio presenta massicci superbi, ora candidi di neve, ora sfoggianti i mille colori della primavera, dell’estate e dell’autunno, che si tuffano nelle dolci acque turchine del Lago di Como.

La vegetazione del Parco è ben distinta a seconda delle fasce altitudinali: i versanti più bassi sono ricoperti da boschi (carpini, querce, castagni, frassini e tigli) alternati da prati a fienagione e coltivi. Salendo di quota, compare il faggio, che diventa dominante intorno ai 1000 m; piano piano questo lascia spazio alle conifere.
Avvicinandosi ulteriormente alla vetta, abeti e larici cedono, a loro volta, il passo alle brughiere a rododendro, mugo e ginepro, che segnano il limite degli alberi.
Alle quote più elevate dominano le tipiche praterie dei substrati calcarei.
Il gruppo delle Grigne presenta inoltre una preziosa e ricca flora endemica. Fra le specie più significative si segnalano: l’Aglio di Lombardia, le Campanule, la Primula delle Grigne (Primula Grignensis), simbolo del Parco, le Viole, il Fiordaliso retico, le sassifraghe.

La fauna conta un elevato numero di specie animali assai diverse e peculiari.
Tra gli anfibi spicca il Tritone crestato italiano, mentre tra i rettili diffusissimi sono: la Lucertola muraiola, il Ramarro occidentale, il Biacco e la Vipera comune (Vipera aspis).
Nel Parco trovano dimora l’Aquila reale, la Civetta capogrosso, la Coturnice, il Falco pellegrino, il Falco pecchiaiolo, il Gallo forcello, il Gufo reale, il Nibbio bruno.
Non è raro fare emozionanti incontri di splendidi mammiferi quali: il camoscio delle Alpi, il Capriolo, il Cervo, la Lepre comune, la Volpe e lo Scoiattolo, la Donnola, la Faina e il Tasso.
Nell’ambito delle attivita’ annuali, L’Ente Parco organizza alcune giornate di sensibilizzazione ed approfondimento delle tematiche naturalistiche, oltre al sostegno diretto ad iniziative ed azioni locali.

Esino Lario – Chiesa parrocchiale di San Vittore

domenica, Aprile 7, 2013 @ 12:04 PM
aggiunto da admin

Esino - San VittoreMartire Goffredo da Bussero la menziona già dal secolo XII come esistente, posta sullo sperone roccioso che si erge in centro alla valle, era un tempo adiacente all’antico Castello di origine antica, ora scomparso.

Si raggiunge percorrendo il Viale della Croce sul promontorio della “Costa” tra la scoscesa boscosa della “Curaggia” a sinistra, e i prati a destra detti della “Scodegarda”, nome di chiara origine longobarda.
Conservata, a testimone dell’antica chiesa, è una tipica croce astile argentea di pieno Quattrocento.
Un primo restauro fu eseguito nel 1520, nel 1770-1780 vennero aggiunte le navate laterali.
L’ultimo intervento conservativo della facciata esterna è del 2009.

L’interno presenta un elaborato altar maggiore in marmi con angeli e statuette, un bellissimo architrave ligneo scolpito e dorato nel 1654.
Tra il 1657 e il 1685 lavorarono vari maestri intagliatori, dei quali si possono ammirare gli splendidi confessionali, il ciborio del battistero del 1660, la cantoria e la mostra dell’organo con la magnifica statua del santo patrono, gli stalli del presbiterio e la mensa (assemblata con parte dei pannelli dell’antico pulpito).
Eccelle il complesso della sacristia, ricoperta dal ricchissimo apparato degli armadi scolpiti dal Maglia detto Bièl, che qui aveva ricevuto asilo dal parroco.
La volta poi reca un armonioso insieme di stucchi di alta qualità racchiudenti in medaglioni l’Assunzione della Vergine, gli Evangelisti, le Sante Lucia, Agata, Agnese e Caterina.

Le tele appese alle pareti del presbiterio riguardanti la storia di San Vittore, sono opera di Carlo Pozzo di Valsolda, sempre sua è la Madonna del Rosario, già pala d’altare.
Di grande importanza e frutto dell’artigianato locale sono i due arazzi della Scuola Arazziera di Esino rappresentanti la Nascita di San Giovanni Battista e Sant’Antonio Abate con gli animali.
Ancora all’esterno a completamento del frontone vi è incardinato il portone bronzeo del Bonalberti del 1974 rappresentante la vita della Chiesa e del patrono; di notevole importanza è la mezzaluna con la Gloria di San Vittore a cavallo, opera in bronzo di Michele Vedani.

Colico – Torrette Montecchio Nord

martedì, Aprile 2, 2013 @ 06:04 PM
aggiunto da admin

torri montecchio nordSullo sperone sud occidentale del Montecchio Nord, poco distante dalla foce del torrente Inganna, sorgono due piccole torri, distanti tra loro una trentina di metri e legate a tratti da una muraglia che farebbe pensare a un recinto di collegamento o a una cortina di difesa.
Alcuni storici avanzano l’ipotesi che sul colle vi fosse già una vedetta romana, in seguito occupata dai Longobardi.
Le torrette odierne farebbero parte della linea di fortificazione voluta da Bernabò Visconti nel 1357 a vigilare il passaggio sulla via del lago.
La torre a sud è stata ampiamente rifatta nella parte superiore, mentre nella parte inferiore evidenzia un parametro medioevale.
Meglio conservata, se pure cimata, quella settentrionale, dagli spigoli accurati.
Sulla faccia sud esisteva anni fa un grande portale inferiore a tutto sesto e decentrato, forse opera del XVI secolo attuato in rottura, ma l’ingresso doveva essere costituito dalla porta finestra centinata del lato est, per il cui accesso si è poi creato un avancorpo a scala.
La tessitura muraria, con qualche finestrella trilitica, ricorda quella di Fontanedo.
Le due torrette a controllo del lago e delle vie provenienti da Valtellina, Valchiavenna e Valvarrone, sono probabilmente da mettersi in relazione con il castrum de Colego che sorgeva ai piedi del Montecchio Nord e distrutto da un’alluvione del torrente Inganna nel 1469.
Le torrette non sono attualmente accessibili al pubblico.

Testo di Roberto Pozzi e Giovanna Zugnoni

Colico – Forte Montecchio Nord

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 08:04 PM
aggiunto da admin

Costruito tra il 1911 ed il 1914, il Forte Montecchio Nord è l’unico forte militare italiano della Grande Guerra che abbia conservato ancora intatto il suo armamento originario e uno dei meglio conservati in Europa.
Il complesso storico del forte, ben inserito nel Sistema Difensivo della Frontiera Nord, la cosiddetta Linea Cadorna, è grandioso: interamente scavato nella roccia, è caratterizzato da possenti mura in granito bianco di San Fedelino proveniente dalle vicine cave di Novate Mezzola e lavorato da mani di abilissimi scalpellini.

Comprende inoltre numerosi ambienti e camminamenti sotterranei, tra cui una polveriera profonda oltre 60 metri.
La funzione principale della fortificazione era quella di controllare le strade dello Spluga, del Maloja e dello Stelvio nel caso che gli Imperi Centrali, violando la neutralità della Svizzera, avessero deciso di invadere il Nord Italia.

La visita del forte consente oggi di osservare le soluzioni architettoniche, tecniche ed organizzative, alcune delle quali davvero innovative per l’epoca, adottate all’inizio del secolo nell’edificazione dei forti militari.

Sono tuttora conservati intatti non solo i quattro imponenti cannoni in postazione girevole sotto cupola corazzata, modello Schneider da 149 mm (con gittata di 14 km), ma anche l’impianto elettrico, tutti i serramenti e le blindature originali, oltre ai complessi sistemi di ventilazione e di approvvigionamento idrico.

La struttura è formata da due blocchi distinti: il piano dove si trovano le quattro artiglierie, e il ricovero destinato agli alloggi della truppa.
I due blocchi sono collegati da un camminamento curvilineo coperto e fortificato di circa 140 metri di lunghezza e appoggiato alla montagna sul lato est.

Il camminamento ha un’ampiezza di 2,5 metri e un’altezza di 3 metri mentre la volta superiore ha uno spessore di circa 1,5 metri ed è realizzata con pietre irregolari di granito.
Nelle mura del camminamento sono state realizzate dieci feritoie a bocca di lupo, che permettevano un ampio raggio per il tiro offrendo al nemico un bersaglio ridotto.

L’area destinata al ricovero si trova nella parte più bassa; in questo spazio, ricavato grazie al parziale sbancamento di una parte della collina, trovava posto la camerata destinata alla truppa, un unico locale riscaldato in grado di ospitare circa 40 uomini e altrettante brandine e armadietti per gli effetti personali.

Il forte venne chiamato, al momento della sua costruzione, “Montecchio Nord”, in corrispondenza della località in cui era localizzato.
Questo è tipico dei forti italiani che prendevano il nome del luogo in cui erano costruiti.
Solo in seguito, nel 1939, fu dedicato, come era in uso comune a quel periodo, alla medaglia d’oro al valor militare Aldo Lusardi, ferito a morte il 5 novembre 1935 nella zona di Addi Gundi nell’Africa Orientale italiana.

Dati gli eventi bellici, il forte, che costituiva il punto di forza di un complesso sistema di sbarramento che si prolungava fino al Monte Legnone, rimase inattivo durante tutta la Prima Guerra Mondiale.
La struttura non fu impiegata in azioni militari nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale, gli unici colpi di cannone furono infatti sparati il 27 aprile 1945 contro la colonna delle forze armate italo-tedesche che risaliva l’opposta sponda del lago in direzione della Svizzera dopo aver lasciato Mussolini nelle mani dei partigiani a Dongo.
L’episodio indusse il capitano della colonna Hans Fallmeyer a fermarsi, e si diede il via alle trattative con i partigiani per porre fine agli episodi di guerra nella zona del Lario.

In seguito il forte venne utilizzato come deposito di munizioni e rimase presidiato ed attivo fino al 1981, quando passò de#nitivamente al demanio civile.
Nel 1998 il Ministero delle Finanze affidò la gestione del “Montecchio Nord” al Comune di Colico, ed infine ceduto al demanio pubblico.
Dal 2009 il Comune di Colico ne ha affidata la gestione al Museo della Guerra Bianca in Adamello al fine di migliorarne la fruibilità turistica.

Grazie alla strategica collocazione, dalla copertura della batteria corazzata si può godere di uno splendido panorama sull’Alto Lario, con una incantevole vista sulla vicina Riserva Naturale del Pian di Spagna, il Lago di Mezzola, la foce dell’Adda e il Monte Legnone.
Per saperne di più….

Bibliografia:
Stefano Cassinelli, Forte Montecchio – baluardo tra Alto Lario e Valtellina, Varese, Macchione editore, 2003

Colico – Forte Fuentes

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 07:04 PM
aggiunto da admin

Tra il 1603 ed il 1606, il conte di Fuentes, governatore di Milano, fece costruire sul Montecchio una fortezza a scopo di difendere il confine settentrionale del Ducato di Milano da francesi e Grigioni svizzeri, che all’epoca occupavano la Valtellina e la Valchiavenna.

La piana del forte era allungata, con opere a corno nelle estremità, mentre l’andamento irregolare delle mura, che uscivano e rientravano come cunei, consentiva una migliore difesa della bastionata.

Il forte si sviluppava su diversi livelli: in alto, ancora visibile, il palazzo del governatore, che però, a causa dell’insalubrità dell’aria, risiedeva a Gravedona; ai livelli più bassi i quartieri del soldati.

Forte FuentesIn tutto il forte poteva ospitare 300 uomini. L’ubicazione del forte consentiva di dominare tutta la pianura sottostante, che da allora venne appunto chiamata Pian di Spagna, ma soprattutto permetteva di controllare le strade per la Valtellina e per il passo dello Stelvio, per la Valchiavenna e per il passo dello Spluga, ed, infine, per Como e Milano.Ancora oggi la zona viene indicata come Trivio di Fuentes.

A completare il progetto difensivo spagnolo furono inoltre costruiti due fortilizi, uno sopra Sorico, l’altro detto Fortino d’Adda a Gera Lario e rivolto verso la Valchiavenna. Il forte era inoltre collegato ad una serie di avamposti preesistenti, noti con il generico nome di Torrette.

Nonostante il Forte di Fuentes nel corso del XVII e XVIII secolo fosse una delle principali fortificazioni della Lombardia, la sua vita non ebbe eventi militari degni di nota: solo nel 1706, durante la Guerra di successione spagnola, il Forte venne assediato per la prima volta dagli austriaci che lo espugnarono solo dopo tre settimane.

Nel 1714 in Lombardia al dominio spagnolo si sostituì quello austriaco: il Forte di Fuentes si trovò così coinvolto in due altri assedi, nel 1733, da parte di spagnoli e Piemontesi, durante la Guerra di successione polacca, e nel 1746 da parte degli spagnoli, durante la Guerra di successione austriaca.

Nel 1782, in seguito alla riforma voluta dell’imperatore Giuseppe II d’Austria, la fortezza venne dismessa e venduta a privati. Nel 1796, per volere di Napoleone, venne completamente smantellata ed in seguito abbandonata.

Dell’antica fortezza oggi rimangono in piedi solo alcuni ruderi, in parte sommersi dalla vegetazione, ricchi tuttavia ancora di fascino ed interesse.

L’affresco staccato dalla chiesetta del forte, una Santa Barbara, patrona degli artiglieri, opera non particolarmente pregevole, ma di notevole importanza storica, è ora posta nel mezzo della navata laterale sinistra della chiesa parrocchiale di San Giorgio, nel centro di Colico.

Per saperne di più…

Colico – Torre di Fontanedo

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 07:04 PM
aggiunto da admin

Torre di FontanedoAlle pendici del monte Legnone, lungo la sponda destra del torrente Inganna, su un poggio a circa 500 metri d’altitudine, sorgono i resti di un complesso fortiffcato noto come Torre di Fontanedo.
Si tratta di un piccolo borgo che segue l’orografia rocciosa del luogo ed è disposto su due livelli, una parte alta su cui si trova la torre e una parte più bassa, verso Colico, con una serie di edifici in linea.
E’ ragionevole ipotizzare che, a partire dalle costruzioni fortificate originarie, si siano poi succeduti diversi interventi.
L’analisi tipologica individua infatti una serie di murature che definiscono il perimetro di un recinto di fronte all’ingresso della torre, sul lato sud-ovest, a cui si sono poi susseguiti nei secoli aggiunte e potenziamenti.

Sulla base della scarsa documentazione finora disponibile, sappiamo che questa imponente fortificazione fu edificata per volere di Bernabò Visconti nel 1357, sulla linea difensiva dell’Alto Lario che comprendeva anche le due torrette del Montecchio Nord.
Tuttavia, l’impianto planimetrico, alcuni particolari architettonici e il posizionamento geografico ne collocherebbero l’origine in epoca precedente, attorno al secolo XII.

La fortificazione svolgeva il compito di controllo dell’antica strada a mezza costa del monte Legnone, che collegava la Valvarrone alla Valtellina (l’antica Scalottola), e mantenne la sua importanza strategica nei secoli successivi, quando venne ampliata e inglobata nel sistema difensivo del Forte di Fuentes, divenendone l’opera accessoria più elevata.
La tipologia di alcune murature ne conferma infatti la datazione secentesca.
Il torrione è circondato e da edifici di supporto, ora abbandonati e diruti.

Il borgo comprendeva anche una cappella da cui è stato staccato un affresco raffgurante la Madonna col Bambino, probabilmente risalente al XV secolo, attualmente conservato nella chiesa dei Santi Angeli Custodi a Curcio.
La torre ha una pianta pressoché quadrata di circa 7,50 metri per lato e presenta, per motivi difensivi, un ingresso solo al primo piano con numerose feritoie disposte lungo le possenti mura.
Nonostante sia stata leggermente abbassata durante un intervento di messa in sicurezza e consolidamento effettuato all’inizio degli anni ’80, con i suoi 15 metri d’altezza, la torre domina ancora oggi tutto l’alto lago e il vicino Pian di Spagna.

Il pianoro antistante offre infatti un vasto panorama, purtroppo in parte rovinato dalla presenza di una linea di alta tensione, che ripaga lo sforzo della breve salita.
Il borgo fortificato era collegato all’abitato di Fontanedo, che si trova poco più a monte in prossimità della sponda, e a Colico, da diverse mulattiere.

Oggi la fortificazione è inserita in una rete di sentieri ben segnalati e facilmente accessibili tra cui il noto Anello di Fontanedo del CAI di Colico che tra l’altro collega la torre con la vicina chiesa di Sant’Elena situata a quota 600 metri.
Ai piedi dello sperone roccioso su cui sorge il borgo, in località Robustello, passa inoltre il tracciato dell’antica via oggi conosciuta come Sentiero del Viandante, un percorso molto frequentato che richiama ogni anno migliaia di escursionisti.

Il toponimo Fontanedo deriva dalle abbondanti sorgenti di acqua fresca, ormai in gran parte perdute, che scendendo a valle originavano la roggia molinara che per quasi un millennio ha alimentato i mulini idraulici di Villatico.

Testo elaborato sulla base delle informazioni del tabellone esplicativo a cura di E. Fatterelli

Colico – Chiesa di San Bernardino (Villatico)

domenica, Marzo 31, 2013 @ 09:03 PM
aggiunto da admin

san bernardinoIl nome Villaricho appare per la prima volta in un atto di vendita del 1154.
Alcuni documenti testimoniano, nel 1239, l’esistenza in territorio di Colico, di un mulino idraulico che ragionevolmente possiamo collocare in Villatico, lungo il tragitto della roggia molinara.
Alla fine del XIII secolo di sicuro c’era a Villatico un piccolo tempio, perché le testimonianze affermano che a quell’antica comunità era assicurato un servizio religioso.
Solo verso la fine del XV secolo la chiesa fu dedicata a San Bernardino, un predicatore senese che attraversò a piedi l’Italia predicando la riforma religiosa, la giustizia sociale e operando a favore della pace tra le città allora in conflitto.
Si recò anche in Valtellina e per questo toccò il suolo di Villatico.
L’ultimo ampliamento significativo venne completato nel 1896, data ancora leggibile nell’arco a tutto sesto che separa il presbiterio dal corpo della navata.
L’edificio, lungo i secoli costituì il centro della vita religiosa e sociale della locale comunità contadina. La sua antichità appare dall’impianto architettonico basilicale.
L’aula a tre navate è suddivisa da semplici colonne in muratura ordinaria con cinque campate ad arcate a tutto sesto, con volte a botte per quella centrale e a crociera per quelle laterali.
L’altare maggiore è caratterizzato da sinuose linee settecentesche in marmo nero di Varenna intarsiato da altri marmi policromi.
Le pareti del presbiterio, dell’abside e dei due archi trionfali che presentano un apparato decorativo di autore ignoto, si rifanno allo stile barocco e sono tutti realizzati con la tecnica dell’affresco a trompe d’oeil.
Sulle pareti sono raffgurati l’episodio biblico del Sogno della scala di Giacobbe e la sua Lotta con l’Angelo; sulla volta a botte San Bernardino nella gloria del Paradiso tra molteplici elementi decorativi.
Sulle pareti del catino absidale S. Bernardino è affiancato probabilmente da S. Elena e S. Margherita.
I due altari delle navate laterali e le relative statue, probabilmente appartenenti all’edificio originario, sono dedicati a S. Giuseppe (a destra) a alla Beata Vergine del Rosario (a sinistra).
L’arco trionfale realizzato dopo l ’allungamento verso ovest della navata centrale mostra un affresco raffigurante Cristo in gloria, attribuito al Tagliaferri.
L’organo, quasi sicuramente appartenente alla primitiva chiesa, dopo l’ampliamento di !ne ottocento è stato rimaneggiato dalla fabbrica d’organi Marelli e collocato sopra l’ingresso principale.
In una nicchia della navata laterale di sinistra è collocato il fonte battesimale dove ricevette il battesimo suor Maria Laura Mainetti per la quale è in corso la causa di beatificazione.
Sul lato sud della piazza fino alla fine del XIX secolo, sorgeva il cimitero di Villatico.
Oggi una lapide apposta sulla parete della chiesa così recita: “Rispetta o Colico questa piazza un tempo sepolcro dei padri tuoi”.

Testo elaborato sulla base dell’opuscolo informativo disponibile presso la chiesa di San Bernardino

Colico – Chiesa di San Miro

domenica, Marzo 31, 2013 @ 09:03 PM
aggiunto da admin

San MiroSan Miro nacque a Canzo nel 1345. Il Santo, dopo aver donato tutti i suoi averi ai poveri, condusse una vita solitaria, prima presso il suo paese, poi sui colli di Roma dove giunse dopo un lungo pellegrinaggio e infine a Sorico dove morì nel 1381.
La chiesa di San Miro è di origine romanica e risale presumibilmente al XII secolo.
È menzionata per la prima volta in un documento del 1286 conservato presso la collegiata di Chiavenna.
Originariamente era dedicata a S. Michele e dell’antico edi!cio rimangono nella navata destra alcuni affreschi trecenteschi e una monofora.
La chiesa nel XV secolo venne dedicata a San Miro il cui corpo fu trovato il 10 settembre 1452 all’interno nella cappella intitolata a Sant’Antonio.
Infatti, Miro alla sua morte, avvenuta nel 1381, fu sepolto nella chiesa e la sua tomba divenne subito meta di pellegrinaggi dei fedeli delle due sponde del lago per la richiesta di pioggia contro la siccità o per fermare eventi calamitosi causati dall’acqua.
Dal 1452 iniziò un lungo periodo di ampliamenti e arricchimenti artistici della chiesa, poi riconsacrata nel 1456.
Risalgono al rinnovamento quattrocentesco due affreschi ra&guranti la Madonna col Bambino e quelli della Madonna del Latte e della Madonna in Trono, una Crocifissione e un San Sebastiano visibile sul primo pilastro di sinistra.
Nel 1526, il pittore Sigismondo De Magistris inaugurò un nuovo ciclo decorativo che interessò l’area compresa fra i due pilastri che separano la navata centrale da quella di destra.
Il ciclo comprende la figura di Sant’Antonio, le sue tentazioni nella lunetta superiore, l’incontro con Paolo eremita, la morte di S. Paolo eremita, Sant’Antonio che guarisce un’indemoniata e i miracoli presso la tomba di Sant’Antonio.
Nel 1987 iniziò un’importante fase di studio e restauro che in pochi anni portò alla luce diversi affreschi nascosti sotto secolari strati di calce nella navata sinistra di origine tardo medioevale.
Nel 1990 abbattendo un muro di perimetrale si ritrovò l’antico arco d’accesso alla cappella dalla tomba del santo, demolita nel XVII secolo.
Alla figura di S. Miro sono legate diverse leggende.
Si diceva, fra l’altro, che Miro fosse giunto fino a Sorico stendendo il suo mantello sulle acque del lago e camminandoci sopra.

Testo di Roberto Pozzi e Giovanna Zugnoni

storia e geografia

notizie storiche e geografiche del territorio

monumenti e luoghi

alla scoperta del territorio

sport e turismo

soggiornare nel territorio