Archivio categoria ‘Storia’

ESINO LARIO – STORIA E GEOGRAFIA

martedì, Novembre 1, 2011 @ 04:11 PM
aggiunto da Esino Lario

Esino LarioCoordinate: 45° 59′ 47,04”N 9° 20′ 11,04”E
Altitudine: 910 m s.l.m.
Superficie: 18,05 km²
Abitanti: 752 (01-01-2013)
Densità: 41,66 ab./km²
Frazioni: Bigallo, Ortanella
Comuni confinanti: Parlasco, Cortenova, Taceno, Perledo, Varenna, Lierna, Primaluna, Mandello del Lario, Pasturo

Esino Lario, una perla alle pendici della Grigna Settentrionale, sovrasta la sponda orientale del Lago di Como, dominandone l’intero corso e regalando panorami ineguagliabili.
Interamente inserito nel Parco della Grigna Settentrionale, il territorio di Esino Lario gode di una favorevole posizione che ne rende il clima mite ed asciutto e l’aria pura e salubre.
Sorto in una posizione dominante ed al contempo protetto dalle invasioni esterne, Esino è sempre stato crocevia di incontri e scambi, grazie a cui ha saputo svilupparsi nei secoli, pur mantenendo intatti cultura, riti e tradizioni tramandate sino ad oggi.

Tracce tangibili dello scorrere del tempo sono i segni del passato che ancora oggi caratterizzano il paese: dai numerosi massi erratici disseminati in tutto il territorio ai fossili e minerali della Grigna – già studiati da Antonio Stoppani; dai reperti archeologici celtici e romani ai centri storici di Esino Superiore o Crès (di origine celtica) e di Esino Inferiore o Psciach (romana); dalla Torre di avvistamento alle antiche vie di comunicazione ancora oggi praticabili che collegano Esino agli abitati di Lierna e di Varenna.
Esemplari naturali e reperti archeologici sono ammirabili nel “Museo delle Grigne”, un piccolo gioiello etnografico che ripercorre lo sviluppo millenario del territorio esinese dalle sue origini sino alla storia locale più recente.

Esino Lario, un paese che “non sente il suono di altre campane”, nei secoli ha saputo svilupparsi ed essere autosufficiente, costruendo comunque solidi rapporti sociali, economici e culturali con i paesi limitrofi.
Tipico esempio è la Scuola di Arazzeria di Esino, creata da don Giovanni Battista Rocca negli anni ’30 ed attiva sino agli anni ’60, che raggiunse alti livelli di qualità sia in termini di produzione che di fattura.

E’ oggi possibile ammirare alcuni arazzi nella Chiesa Parrocchiale di San Vittore e presso il Teatro della Scuola Materna Pietro Pensa. La Scuola di arazzeria ha plasmato una tradizione artistica locale, ancora oggi viva in molte famiglie esinesi.
Anche la religiosità ha da sempre avuto un ruolo fondamentale, come testimoniano la Chiesa Parrocchiale di San Vittore e la sua sacristia, le chiesette di Sant’Antonio, di San Giovanni, di San Pietro e le innumerevoli edicole – gisoei – dislocate in tutto il territorio.
Devozione, cultura e folklore caratterizzano fortemente ancora oggi usi e tradizioni locali. La localizzazione ed il forte attaccamento alle radici degli abitanti ha portato alla creazione dell’“Ecomuseo delle Grigne”, ufficialmente riconosciuto dalla Regione Lombardia nel giugno 2009.

DERVIO – STORIA

martedì, Novembre 1, 2011 @ 04:11 PM
aggiunto da Dervio

Coordinate: 46°04′00″N 9°18′00″E
Altitudine: 220 m s.l.m.
Superficie: 11 km²
Abitanti: 2.774[1] (31-12-2010)
Densità: 252,18 ab./km²
Frazioni: Corenno Plinio
Comuni confinanti: Bellano, Cremia (CO), Dorio, Introzzo, Pianello del Lario (CO), San Siro (CO), Sueglio, Tremenico, Vendrogno, Vestreno

CENNI STORICI
Alle origini la nostra terra era abitata da piccoli nuclei di capanne adibite a riparo per i popoli nomadi, inizialmente i liguri e poi quelli di origine celtica, che si muovevano alla ricerca di fonti naturali di sopravvivenza, finché non decisero di fermarsi fondando dei villaggi (gau).
Ciò è testimoniato dai ritrovamenti a Dorio di un “Paalstab” (scure) dell’età del bronzo, conservato nel museo di Como e dei “massi cupelliformi” riconducibili ai popoli celti.
In seguito con la conquista romana nel II secolo a. C. si andò sviluppando una civiltà abbastanza evoluta detta gallo-romana, i cui centri di comando divennero “pagi” innestandosi nella costituzione giuridica dello stato romano. Successivamente i romani fortificarono i passaggi obbligati delle valli, tra cui si poteva comunicare con segnalazioni a vista, speculari di giorno e con fuochi la notte. Si ritiene risalgano a questo periodo imperiale (V-VI sec. d.C.) il “Castelvedro” in località Mai di Dervio, come il castello di Vezio e quello di Esino. Dopo la caduta dell’impero, le migrazioni barbariche dei Goti e dei Longobardi rafforzarono il sistema difensivo romano e la diffusione del cristianesimo trasformò poi in “pievi” gli antichi centri di comando, tra cui quella di Dervio sottoposta alla chiesa di Milano. I Longobardi avviarono la politica feudale che ebbe poi il suo pieno sviluppo sotto i Franchi, le terre della Valvarrone e Valsassina appartennero ai conti di Lecco finché la politica degli imperatori tedeschi (Ottoni) cominciò a contrastare lo strapotere dei feudatari con la concessione dei feudi ai vescovi.
Attorno all’anno Mille il territorio divenne diritto dell’arcivescovo di Milano. Fu poi teatro della guerra contro le “tre pievi” (Dongo, Gravedona e Sorico) e quella decennale tra Como e Milano con numerose battaglie navali sul lago. Nel Medioevo Dervio e Corenno assunsero il titolo di “borgo”, in quanto cinte da mura e rette come liberi comuni.
Negli anni 1384-1389 vennero redatti gli Statuti di Dervio, che dettavano regole precise sulla vita civile e sociale; questo documento tuttora esistente è stato tradotto in italiano e pubblicato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Dervio. La comunità di Dervio era allora composta anche dalle terre di Corenno, Dorio, Introzzo, Sueglio, Tremenico e Vestreno, ma risulta che i paesi della Valvarrone si separarono a partire almeno dal 1367. Nel 1410 Dorio e nel 1520 Corenno si separarono da Dervio, poi ritornarono a farne parte nel 1928, ma Dorio si staccò nuovamente nel 1950.
Agli arcivescovi seguirono i Ducati milanesi dei Visconti e degli Sforza, fino alla dominazione spagnola che portò ad un periodo di decadenza. La tranquillità della vita quotidiana era spesso infranta dalle scorrerie di eserciti delle grandi potenze, che transitavano sul territorio avendo come salario il diritto di saccheggio. Due nomi sono rimasti famosi: il Medeghino (1530-1532), che percorreva con la sua flotta le acque del lago razziando ovunque e rifugiandosi poi nell’imprendibile castello di Musso, ed i Lanzichenecchi (1629), che lasciarono dietro di loro la tragica peste ricordata da Manzoni ne “I Promessi Sposi” e che a Dorio fece una strage portando gli abitanti da 300 a 84; le ricorrenti epidemie di peste sono testimoniate dalla chiesetta di Santa Cecilia di Dervio che fu utilizzata come lazzaretto.
Con la successiva dominazione austriaca fiorì l’industria del ferro e lo sfruttamento delle miniere dell’alto Varrone portò lo sviluppo industriale in un’economia fondata sull’agricoltura. Nacquero a Dervio industrie come la “Redaelli”, quattro cartiere all’avanguardia, cantieri nautici e laboratori artigiani, in Valvarrone le cave minerarie, a Dorio la filanda (1840-42), che assorbivano manodopera anche dai paesi circostanti. I collegamenti migliorarono con la conclusione della strada dello Spluga (1834) e l’apertura del tratto ferroviario Bellano-Colico (1894), la costruzione della strada carrabile per la Valvarrone (1916-1917). Tutto questo ha determinato un notevole sviluppo, che grazie alla tenacia ed all’operosità degli abitanti ha portato al benessere attuale, che vede gradatamente l’economia del nostro territorio trasformarsi da industriale a turistica, grazie a quelle risorse naturali che avevano favorito i primi insediamenti abitativi delle nostre terre.

Per approfondire la storia di Dervio visitate i Quaderni Derviesi

COLICO – STORIA E GEOGRAFIA

martedì, Novembre 1, 2011 @ 03:11 PM
aggiunto da Colico

Colico si trova nella parte orientale dell’Alto Lario, dominato dalla prealpe più alta, l’imponente Monte Legnone con i suoi 2610 m. Anche il suo gemello, il Monte Legnoncino con i suoi 1714 m, è parte importante del panorama colichese. Vicino a Colico si trova un’importante riserva naturale, il corridoio di migrazione del Pian di Spagna che però è già in territorio della Provincia di Como. I due principali corsi d’acqua di Colico sono l’Inganna ed il Perlino. Poi c’è anche il fiume Adda che fa da confine naturale con la Provincia di Como.

Situato sulla sponda orientale del Lago di Como, in posizione chiave lungo le direttrici stradali che collegano Lecco, Chiavenna e Sondrio, il Comune di Colico vanta origini molto antiche. Alcuni ritrovamenti archeologici, infatti, testimoniano la presenza di insediamenti abitativi in zona fin dall’epoca preromana e romana.

La storia locale fu poi per secoli fortemente condizionata dalla particolare ubicazione: Colico, infatti, subì sia le devastazioni e le pestilenze arrecate dalle diverse soldatesche di passaggio, sia l’insalubrità di un territorio dominato dagli umori del fiume Adda.

Nel XIII secolo Colico si eresse a comune e tra il quattrocento e il cinquecento, venne infeudato da diversi signori tra cui i Visconti, i Sanseverino, gli Sforza, i Caldarini, i Pusterla, e gli Alberti.

Nei primi anni del XVII secolo, il conte Fuentes, governatore spagnolo del Ducato di Milano, fece innalzare un’imponente fortezza sulla sommità del Montecchio, al confine con la Valtellina. Il luogo non ricoprì mai, in realtà, una vera funzione militare e per tale ragione venne venduto a privati ed infine smantellato. La sua erezione è tuttavia testimonianza del clima bellico di quegli anni, caratterizzati dalle continue guerre tra Francesi, Spagnoli, Veneziani, Grigioni e Austriaci.

Alla fine del seicento il territorio circostante si presentava come un vasto acquitrino desolato e maleodorante. I primi segni di cambiamento si registrano solo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, con l’apertura delle strade dello Stelvio, del Maloia e dello Spluga e soprattutto con l’inalveamento dell’ultimo tratto del fiume Adda che favorì la bonifica del Pian di Spagna, oggi divenuto la più importante riserva naturale della regione Lombardia.

APPROFONDIMENTI

Colico Ieri e Oggi  di Giovanna Zugnoni

BELLANO – STORIA E GEOGRAFIA

martedì, Novembre 1, 2011 @ 03:11 PM
aggiunto da Bellano

Coordinate: 46°03′N 9°18′E
Altitudine: 202 m s.l.m.
Superficie: 11,31 km²
Abitanti: 3.305[1] (31-12-2010)
Densità: 292,22 ab./km²
Frazioni: Biosio, Bonzeno, Costa, Grabbia, Lezzeno, Ombriaco, Oro, Pendaglio, Pennaso, Pradello, Rivalba, Verginate
Comuni confinanti: Dervio, Parlasco, Perledo, San Siro (CO), Vendrogno

Alla foce del torrente Pioverna, sulla sponda orientale del Lago di Como si adagia Bellano.
In una favorevole posizione che ha consentito e tutt’ora permette il controllo della Valsassina e dei traffici lacustri, il borgo ha sempre rivestito nella storia un ruolo di primaria importanza.
A testimonianza di ciò sono stati frequenti, nel secolo scorso, ritrovamenti di sepolture d’età romana.
Già nel 905 la città risultava essere di proprietà dell’Arcivescovo di Milano, che qui vi aveva fissato una dimora estiva.
La presenza dell’autorità ecclesiastica spiega lo sfarzo della cittadina e in particolare della sua chiesa.

Sull’origine della pieve si è molto discusso, con molta probabilità essa risale all’VII sec. vista anche l’antichità della titolazione ai santi Nazzaro e Celso.
Bellano passò, come tutto il territorio delle valli, sotto il controllo della famiglia dei Torriani e successivamente, con molti contrasti, alla fine del 200, venne ceduto ai Visconti e dal 1370 la città godette del privilegio di formulare statuti propri.

Il borgo tre-quattrocentesco rivestiva una posizione di rilievo nell’area del Lago di Como come testimoniano le antiche mura (oggi perdute), il pretorio, la parrocchiale, i numerosi palazzi patrizi e il porto, il più grande del lago.
Notevole prestigio veniva conferito a Bellano dalla presenza di numerose Scuole Grammaticales che spiegano la frequenza dei saccheggi, celebre quello veneziano.

Nel 1480 il paese fu assegnato con gran parte della riviera a Pietro Dal Verme e alla famiglia Sforza sotto il cui controllo rimase fino al 1530 quando fu ceduto al casato degli Sfondrati.
Questi anni rappresentano il periodo d’oro di Bellano con una fioritura d’arte ben testimoniata nella fabbrica della parrocchiale.
Fino al 1788 rimase sotto il controllo degli Sfondrati pur subendo dure prove come pestilenze, saccheggi e il passaggio dei Lanzichenecchi.

Nel 1834, durante l’occupazione austriaca, venne realizzata la strada a lago.
La cittadina passò sotto il Regno d’Italia nel 1861 e nel 1892 venne inaugurata la prima linea ferroviaria elettrificata del bel paese.
Bellano vide ampliato il suo splendore e assistette a una crescita demografica durante il 1900 quando venne definita la Manchester del Lario con la presenza dei grandi stabilimenti tessili come la filanda Gavazzi e il cotonificio Cantoni.

Con la chiusura delle ultime fabbriche, il paese, che attualmente conta 3400 abitanti, si è vocato al turismo come rinomata meta di villeggiatura, complici anche le peculiarità naturali di cui dispone: uno splendido lungo lago, la gola dell’orrido (tra i luoghi più visitati delle provincie di Como e Lecco) e monumenti storici di rilievo come la chiesa parrocchiale (monumento nazionale).

Data la sua favorevole posizione geografica il paese è un ottimo punto di partenza per le numerose escursioni sul lago e nell’entroterra, dove è possibile in tempi ridotti raggiungere la Valsassina e le vette del monte Legnone, della Grigna e della Grignetta.
Attraverso lo storico sentiero del Viandante sono inoltre possibili collegamenti con tutti i paesi della sponda orientale del lago in una piacevole passeggiata a media montagna.

ABBADIA LARIANA – STORIA E GEOGRAFIA

martedì, Novembre 1, 2011 @ 02:11 PM
aggiunto da Abbadia

Il comune di Abbadia Lariana si trova in Lombardia (Italia) in provincia di Lecco (LC) ed è classificato come comune montano. E’ situato ad un’altitudine di 204 metri dal livello del mare. Il territorio di Abbadia Lariana si estende per una superficie di 17,09 kmq in cui vive una popolazione di 3.258 abitanti per una densità demografica pari a 190,64 abitanti per chilometro quadrato.
Le principali frazioni del luogo sono Robianico, Linzanico, Zana, Molini, Pian dei Resinelli, Chiesa Rotta, Lombrino, Onedo, San Rocco, Crebbio, Castello, Novegolo, Borbino.
I comuni limitrofi di Abbadia Lariana sono Oliveto Lario, Valbrona (CO), Mandello del Lario, Lecco, Ballabio. Il santo patrono del comune è San Lorenzo.
Gli abitanti sono conosciuti con il nome di abbadiensi.
Il comune di Abbadia Lariana è catalogato con codice Istat 97001. La principale festa patronale di Abbadia Lariana è 10 agosto. Il comune è localizzato alle coordinate di latitudine e longitudine 45°54’00″N-9°19’00″E.

CENNI STORICI
Abbadia Lariana - Veduta AereaLa storia di Abbadia Lariana inizia in epoca remota; le prime presenze umane nel territorio del comune risalgono all’età del ferro, non mancano poi reperti di insediamenti di epoca gallica e romana: due tombe in cotto alla cappuccina, un canaletto e una piccola ara dedicata ad Ercole.
Abbadia deve il suo nome alla presenza di un’abbazia benedettina fondata nel IX secolo sotto il regno di re Desiderio e dedicata originariamente a San Pietro. Il nome Abbadia o Badia venne da quel momento utilizzato per indicarne il territorio: Ancora oggi, in dialetto, il paese viene chiamato “la Badia”.
L’edificio utilizzato come residenza dell’Abate  era separato dal monastero e costruito sui ruderi di una antica fortificazione romana (Castello), adiacente all’abitazione venne costruita una piccola chiesa: nei secoli trasformata ed ingrandita, viene ora conosciuta come chiesa di San Bartolomeo.

Il territorio, fertile e ricco di miniere di rame, ferro e piombo (una di queste, ai Piani dei Resinelli, recentemente ristrutturata, è  visitabile su prenotazione [info@resinelliturismo.it] ), strategico per  l’importantissima presenza del lago, usato come via di comunicazione per il commercio,  fu oggetto di dispute tra i signori di Como e di Milano  e, con la vittoria di questi ultimi, nel 833 l’arcivescovo ambrosiano Angilberto aggregò il  monastero  di Abbadia con quello di San Vincenzo in Prato di Milano

Nel Medioevo il territorio era salvaguardato con torri di guardia a Crebbio, Maggiana e Rongio; con castelli ad Abbadia e a Lierna e Mandello, quest’ultimo cinto da un vallo comunicante a lago,  era un paese fortificato.

Tra il  1000-1100, un invaso che si trovava a monte dell’abitato, ruppe la diga naturale che lo formava e precipitò a valle,  uccidendo la maggior parte degli abitanti e dei frati: la forza distruttiva fu talmente potente da cambiare addirittura il corso del fiume Zerbo spostandone la foce da quella che ora viene chiamata Punta Abbadia all’attuale posizione presso la spiaggia del campeggio.
Nel 1117, per la nomina del Vescovo di Como e per il controllo del contado di Lecco, iniziò la guerra dei dieci anni fra Como e Milano. La pieve di Mandello, che si era schierata con Como e l’imperatore e col Vescovo e il Papa legittimo, fu teatro di cruenti battaglie navali. Divenne protettorato di Como poi (1196), in seguito a nuove discordie venne ceduto a Milano.
Nel 1272 il papa affidò la Badia ai padri serviti  che adoravano la Santa Vergine Maria, questi aiutarono la gente nella ricostruzione, inaugurarono  la prima scuola di Abbadia dove  insegnavano a “leggere, scrivere e fare di conto”  e cambiarono il nome del monastero in ”Santi Vincenzo e Anastasio”.
Nel 1336 il territorio passò sotto il dominio visconteo e nel 1398, con il duca Gian Galeazzo Visconti, ottenne la promulgazione della raccolta di leggi locali in statuti.
Nel 1495 Abbadia ottenne il conferimento di sede parrocchiale, con dedica a San Lorenzo.
Nel 1530 Gian Giacomo de Medici detto il Meneghino saccheggiò il paese e bruciò il convento dei frati poi restaurato nel 1616, nelle forme odierne.
Nel 1629 Abbadia venne saccheggiata dai Lanzichenecchi diretti dalla Valtellina all’assedio di Mantova, sotto la guida di Ranbaldo di Collalto.

Panorama Abbadia Lariana
Nel XVIII secolo, gli avvenimenti livellarono il predominio civile di Mandello, che, nel 1760, si smembrò in più comuni, i quali solo più tardi (1928) si riuniranno di nuovo sotto Mandello, ad esclusione di Abbadia sopra Adda e Linzanico, rimasti definitivamente comune a sé stante con l’unico nome di Abbadia Lariana.
Nel 1788 i padri serviti chiusero il monastero e lasciarono per sempre la Badia, mettendo in vendita tutti i loro beni ad un prezzo simbolico in quanto gli austriaci, che all’epoca regnavano sul territorio, si impadronivano di tutti i beni della chiesa.

La rivoluzione francese con le sue truppe e col nuovo sistema amministrativo dei dipartimenti (1796), portò all’abolizione di privilegi e prerogative feudali. Seguirono in questo scorcio di storia due grandi battaglie tra francesi e Austro-Russi; dopo di esse, il predominio napoleonico fu  sostituito da quello dell’Impero austro-ungarico.

Fra il 1817 e il 1832 gli austriaci costruirono la grande strada militare dello Stelvio e dello Spluga lungo il tratto a lago (attuale S.P. 72). In questo periodo venne soffocato ogni movimento di italianità che da noi si manifestò nel marzo 1848 quando Mandello, per prima, issò il Tricolore e insorse correndo alla difesa di Milano. Solo con Garibaldi nel 1859, avverrà la liberazione, inizio della definitiva Unità d’Italia.

Queste terre diedero un grande contributo di volontari negli anni del Risorgimento e nell’ultima guerra mondiale. Infine, la Resistenza viva e sanguinosa costò grossi sacrifici di vite umane.

Tratto da wikipedia e da una ricerca di Mattia Valassi
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Villatico: La Chiesa di San Rocco – Storia

venerdì, Settembre 30, 2011 @ 03:09 PM
aggiunto da admin

La Chiesa di San Rocco a VIllaticoData la posizione del tempietto in mezzo ai boschi di castagni e anticamente di querce, non è inverosimile ritenere che al tempo degli antenati celti in questo posto sorgesse un luogo di culto delle loro divinità silvestri.
Per ora non sono stati recuperati scritti che documentino la data precisa della costruzione dell’oratorio, però la sua dedicazione al martire Sebastiano dei primi secoli e soprattutto l’impianto romanico dell’edificio, come evidenziato dalla bassa e ridotta abside semicircolare con una monofora fatta successivamente chiudere, sembrano farlo risalire al secolo XIV.
Su questa piccola abside si innesta un’unica navata piuttosto spaziosa che, come si può desumere dalle sue dimensioni e dalla sua configurazione, è frutto di ampliamenti e di rimaneggiamenti iniziati già a partire dal secolo XV, proseguiti fino al XVII e conclusi solo una decina di anni fa(2002) .

La documentazione scritta sull’antica chiesa di san Sebastiano inizia solo dal 1582 con le indicazioni contenute negli Atti della visita pastorale del vescovo Antonio Volpi [ASDC, Visite pastorali Volpi]
“S’alzi l’altare maggiore almeno un palmo, s’otturi il finestrello per il qual si può guardare sopra esso altare, si levino gl’altari dei dodici apostoli et quello che è fuori della porta, si levi il vaso di pietra che è presso il ceppo dell’elemosina, il lavello dell’acqua benedetta si trasporti dentro la chiesa, il cimitero si serri tra due mesi (…) sotto pena dell’interdetto”.

Il documento contiene alcuni errori in quanto la chiesa è posta in località “Fontanè” (Fontanedo). L’altare dei dodici apostoli a cui fa riferimento il vescovo evidentemente era collocato sotto l‘affresco dell’Ultima Cena, lungo la parete sinistra. Il finestrello è senz’altro la monofora chiusa posta nella parte bassa centrale dell’abside. Il cimitero menzionato era sicuramente un luogo di sepoltura delle vittime delle pesti di quel periodo ricavato sul sagrato del tempio.

Circa dieci anni dopo nel 1593 viene effettuata la visita del grande vescovo riformatore Feliciano Ninguarda, originario di Morbegno. Anche negli atti di questa visita si trova soltanto un succinto elenco delle chiese del territorio. Si fa menzione di una chiesa dedicata a san Sebastiano erroneamente collocata in “Fontanè” e quella di Santa Croce a La Corte, ove peraltro non è mai esistita alcuna chiesa.
[cfr. M. Fattarelli, La sepolta Olonio e la sua pieve alla sommità del lago di Como e in bassa Valtellina, Lecco 1986, pg. 584]

È negli atti della visita pastorale di Filippo Archinti che, in data 27 giugno 1599, troviamo la prima, seppur sintetica descrizione della chiesa di San Sebastiano, che si riporta nella traduzione italiana recentemente pubblicata
“Chiesa di san Sebastiano, appartiene a san Bernardino di Colico. C’è un’antica cappella oscura in cui si trova l’altare. È consacrato. Mensa di marmo, ricoperta di tela, ma non cerata. Nessuna icona né pittura. La predella si può accettare. Manca tutto [l’arredo ndr]. Muri come cancelli (= le balaustre sono costruite da muri, ndr). Questa chiesa è rivolta a oriente (?); ha un’unica navata; non è consacrata. Copertura con soffitto, pareti in parte dipinte, in parte imbiancate. Pavimento in cotto. Facciata della chiesa dipinta; in essa c’è la porta maggiore. Nessuna acquasantiera; tre finestre senza impannate. Campanile con una campana”.
Il vescovo ordina quindi che “l’altar si orni di croce, et candellieri d’auricalco, di tovaglie necessarie, et tavolette per le secrete, et se li facci un’icona con qualche bel mistero”; e inoltre prescrive di collocare un’acquasantiera e di porre vetri o impannate alle finestre.
[cfr. F. Archinti, visita pastorale alla diocesi, ed. parziale in archivio storico della diocesi di Como, vol. 6, (1995) pg. 171]

Gli atti di visita del vescovo Lazzaro Carafino, per quanto ci riguarda, contengono  uno schizzo topografico del territorio di Colico, in cui sono evidenziate le strade, la parrocchiale di S. Bernardino, le quattro chiese dipendenti (San Fedele, San Giorgio, Santa Croce e San Sebastiano) con la distanza dalla parrocchiale, il numero degli abitanti delle singole località e la disposizione delle case attorno alle chiese. Villatico (San Bernardino) conta 148 abitanti, La Corte (San Fedele) 95, San Giorgio (Colico piano) 55; Fontanedo (Santa Croce) 120; Curcio (senza chiesa) 12; nessun abitante presso la chiesa di San Sebastiano. Anzi si afferma che la chiesa sorge in mezzo al bosco.

La visita del sacerdote di Domaso don Pietro Martire Raimondo, inviato dal vescovo Torriani, è forse la prima alla chiesetta o oratorio allora chiamato di san Sebastiano. Il visitatore si sofferma infatti sui minimi particolari sia sull’ubicazione, sia nel descrivere la piccola costruzione e la povertà dei suoi arredi. Inoltre l’oratorio viene ancora denominato di San Sebastiano, sebbene si sia già diffusa la devozione a san Rocco, protettore degli appestati.
Il visitatore riferisce che l’oratorio sorge in località che il popolo (vulgo) chiama Guasto, in montibus colici, dove non abitano famiglie in permanenza, a circa mille passi dalla chiesa parrocchiale di san Bernardino. Ha un solo vano con un arco a metà a sostegno del tetto. È costruito in pietra e, in parte, risente della vetustà dei tempi. Il pavimento è in calcestruzzo ed è alquanto ineguale. Esiste un solo altare e non si sono suppellettili sacre se non un pallio, due tovaglie e le tavolette con le orazioni da leggere a bassa voce (le carteglorie). La chiesetta che ha sul davanti un fornice, e cioè una tettoria come riparo per i viandanti o per i pastori del luogo, non possiede ornamenti a eccezione di una icona della beata Vergine Maria con a lato san Sebastiano e San Rocco con cornice di legno. Non possiede beni immobili e si mantiene con le elemosine dei fedeli. Vi si celebra due volte all’anno, nelle feste dei due santi titolari, il 20 di gennaio e il 16 di agosto.
Il toponimo Guasto non è conservato a lungo e tanto meno tramandato ai posteri in quel di Colico, ma è il cognome di un proprietario residente a Gravedona, dove il toponimo è ancora conservato. Circa la distanza prospettata in mille passi tra la parrocchia e il montano oratorio è da pensare che il visitatore si sia servito di un sentiero, non certo del tracciato dell’attuale strada, che comporta una lunghezza assai maggiore”.
[da M. Fattarelli, Colico attraverso i secoli, 2003. pg. 163]

Il 14 giugno 1777 un visitatore delegato dal vescovo Mugiasca redige un rapporto sulla parrocchia, di cui citiamo alcuni punti:
Alla chiesa di San Bernardino appartengono quattro chiese filiali: San Fedele, San Giorgio, Santa Croce e San Sebastiano
[Da M. Fattarelli, ibidem, pg. 177]
Don Graziano Porlezza, parroco di San Bernardino dal 28 giugno 1852, compila una relazione sulle chiesi filiali della sua parrocchia:
Dopo aver descritto a lungo la chiesa di San Giorgio in Colico piano, parla della chiesa di Santa Croce a Fontanedo e nomina “San Rocco al monte, con un solo altare. Si celebra per voto, con processione ogni venerdì di maggio, più la stazione di san Rocco”. [Da M. Fattarelli, ibidem, pg. 200]

Nel secolo XIX venne edificato davanti alla facciata il profondo portico, tipo nartece delle chiese romaniche, non più per i catecumeni ma per proteggere i pellegrini nel caso di intemperie.
In quell’epoca venne sopraelevato l’armonico campanile decorato ad archetti pensili, merli e da un’alta guglia piramidale. L’esterno costituisce una struttura particolarmente articolata e sorprendente avvolta dal fascino della vegetazione circostante.

Roberto Pozzi

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