Archivio categoria ‘Colico’

Colico – Forte Montecchio Nord

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 08:04 PM
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Costruito tra il 1911 ed il 1914, il Forte Montecchio Nord è l’unico forte militare italiano della Grande Guerra che abbia conservato ancora intatto il suo armamento originario e uno dei meglio conservati in Europa.
Il complesso storico del forte, ben inserito nel Sistema Difensivo della Frontiera Nord, la cosiddetta Linea Cadorna, è grandioso: interamente scavato nella roccia, è caratterizzato da possenti mura in granito bianco di San Fedelino proveniente dalle vicine cave di Novate Mezzola e lavorato da mani di abilissimi scalpellini.

Comprende inoltre numerosi ambienti e camminamenti sotterranei, tra cui una polveriera profonda oltre 60 metri.
La funzione principale della fortificazione era quella di controllare le strade dello Spluga, del Maloja e dello Stelvio nel caso che gli Imperi Centrali, violando la neutralità della Svizzera, avessero deciso di invadere il Nord Italia.

La visita del forte consente oggi di osservare le soluzioni architettoniche, tecniche ed organizzative, alcune delle quali davvero innovative per l’epoca, adottate all’inizio del secolo nell’edificazione dei forti militari.

Sono tuttora conservati intatti non solo i quattro imponenti cannoni in postazione girevole sotto cupola corazzata, modello Schneider da 149 mm (con gittata di 14 km), ma anche l’impianto elettrico, tutti i serramenti e le blindature originali, oltre ai complessi sistemi di ventilazione e di approvvigionamento idrico.

La struttura è formata da due blocchi distinti: il piano dove si trovano le quattro artiglierie, e il ricovero destinato agli alloggi della truppa.
I due blocchi sono collegati da un camminamento curvilineo coperto e fortificato di circa 140 metri di lunghezza e appoggiato alla montagna sul lato est.

Il camminamento ha un’ampiezza di 2,5 metri e un’altezza di 3 metri mentre la volta superiore ha uno spessore di circa 1,5 metri ed è realizzata con pietre irregolari di granito.
Nelle mura del camminamento sono state realizzate dieci feritoie a bocca di lupo, che permettevano un ampio raggio per il tiro offrendo al nemico un bersaglio ridotto.

L’area destinata al ricovero si trova nella parte più bassa; in questo spazio, ricavato grazie al parziale sbancamento di una parte della collina, trovava posto la camerata destinata alla truppa, un unico locale riscaldato in grado di ospitare circa 40 uomini e altrettante brandine e armadietti per gli effetti personali.

Il forte venne chiamato, al momento della sua costruzione, “Montecchio Nord”, in corrispondenza della località in cui era localizzato.
Questo è tipico dei forti italiani che prendevano il nome del luogo in cui erano costruiti.
Solo in seguito, nel 1939, fu dedicato, come era in uso comune a quel periodo, alla medaglia d’oro al valor militare Aldo Lusardi, ferito a morte il 5 novembre 1935 nella zona di Addi Gundi nell’Africa Orientale italiana.

Dati gli eventi bellici, il forte, che costituiva il punto di forza di un complesso sistema di sbarramento che si prolungava fino al Monte Legnone, rimase inattivo durante tutta la Prima Guerra Mondiale.
La struttura non fu impiegata in azioni militari nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale, gli unici colpi di cannone furono infatti sparati il 27 aprile 1945 contro la colonna delle forze armate italo-tedesche che risaliva l’opposta sponda del lago in direzione della Svizzera dopo aver lasciato Mussolini nelle mani dei partigiani a Dongo.
L’episodio indusse il capitano della colonna Hans Fallmeyer a fermarsi, e si diede il via alle trattative con i partigiani per porre fine agli episodi di guerra nella zona del Lario.

In seguito il forte venne utilizzato come deposito di munizioni e rimase presidiato ed attivo fino al 1981, quando passò de#nitivamente al demanio civile.
Nel 1998 il Ministero delle Finanze affidò la gestione del “Montecchio Nord” al Comune di Colico, ed infine ceduto al demanio pubblico.
Dal 2009 il Comune di Colico ne ha affidata la gestione al Museo della Guerra Bianca in Adamello al fine di migliorarne la fruibilità turistica.

Grazie alla strategica collocazione, dalla copertura della batteria corazzata si può godere di uno splendido panorama sull’Alto Lario, con una incantevole vista sulla vicina Riserva Naturale del Pian di Spagna, il Lago di Mezzola, la foce dell’Adda e il Monte Legnone.
Per saperne di più….

Bibliografia:
Stefano Cassinelli, Forte Montecchio – baluardo tra Alto Lario e Valtellina, Varese, Macchione editore, 2003

Colico – Forte Fuentes

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 07:04 PM
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Tra il 1603 ed il 1606, il conte di Fuentes, governatore di Milano, fece costruire sul Montecchio una fortezza a scopo di difendere il confine settentrionale del Ducato di Milano da francesi e Grigioni svizzeri, che all’epoca occupavano la Valtellina e la Valchiavenna.

La piana del forte era allungata, con opere a corno nelle estremità, mentre l’andamento irregolare delle mura, che uscivano e rientravano come cunei, consentiva una migliore difesa della bastionata.

Il forte si sviluppava su diversi livelli: in alto, ancora visibile, il palazzo del governatore, che però, a causa dell’insalubrità dell’aria, risiedeva a Gravedona; ai livelli più bassi i quartieri del soldati.

Forte FuentesIn tutto il forte poteva ospitare 300 uomini. L’ubicazione del forte consentiva di dominare tutta la pianura sottostante, che da allora venne appunto chiamata Pian di Spagna, ma soprattutto permetteva di controllare le strade per la Valtellina e per il passo dello Stelvio, per la Valchiavenna e per il passo dello Spluga, ed, infine, per Como e Milano.Ancora oggi la zona viene indicata come Trivio di Fuentes.

A completare il progetto difensivo spagnolo furono inoltre costruiti due fortilizi, uno sopra Sorico, l’altro detto Fortino d’Adda a Gera Lario e rivolto verso la Valchiavenna. Il forte era inoltre collegato ad una serie di avamposti preesistenti, noti con il generico nome di Torrette.

Nonostante il Forte di Fuentes nel corso del XVII e XVIII secolo fosse una delle principali fortificazioni della Lombardia, la sua vita non ebbe eventi militari degni di nota: solo nel 1706, durante la Guerra di successione spagnola, il Forte venne assediato per la prima volta dagli austriaci che lo espugnarono solo dopo tre settimane.

Nel 1714 in Lombardia al dominio spagnolo si sostituì quello austriaco: il Forte di Fuentes si trovò così coinvolto in due altri assedi, nel 1733, da parte di spagnoli e Piemontesi, durante la Guerra di successione polacca, e nel 1746 da parte degli spagnoli, durante la Guerra di successione austriaca.

Nel 1782, in seguito alla riforma voluta dell’imperatore Giuseppe II d’Austria, la fortezza venne dismessa e venduta a privati. Nel 1796, per volere di Napoleone, venne completamente smantellata ed in seguito abbandonata.

Dell’antica fortezza oggi rimangono in piedi solo alcuni ruderi, in parte sommersi dalla vegetazione, ricchi tuttavia ancora di fascino ed interesse.

L’affresco staccato dalla chiesetta del forte, una Santa Barbara, patrona degli artiglieri, opera non particolarmente pregevole, ma di notevole importanza storica, è ora posta nel mezzo della navata laterale sinistra della chiesa parrocchiale di San Giorgio, nel centro di Colico.

Per saperne di più…

Colico – Torre di Fontanedo

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 07:04 PM
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Torre di FontanedoAlle pendici del monte Legnone, lungo la sponda destra del torrente Inganna, su un poggio a circa 500 metri d’altitudine, sorgono i resti di un complesso fortiffcato noto come Torre di Fontanedo.
Si tratta di un piccolo borgo che segue l’orografia rocciosa del luogo ed è disposto su due livelli, una parte alta su cui si trova la torre e una parte più bassa, verso Colico, con una serie di edifici in linea.
E’ ragionevole ipotizzare che, a partire dalle costruzioni fortificate originarie, si siano poi succeduti diversi interventi.
L’analisi tipologica individua infatti una serie di murature che definiscono il perimetro di un recinto di fronte all’ingresso della torre, sul lato sud-ovest, a cui si sono poi susseguiti nei secoli aggiunte e potenziamenti.

Sulla base della scarsa documentazione finora disponibile, sappiamo che questa imponente fortificazione fu edificata per volere di Bernabò Visconti nel 1357, sulla linea difensiva dell’Alto Lario che comprendeva anche le due torrette del Montecchio Nord.
Tuttavia, l’impianto planimetrico, alcuni particolari architettonici e il posizionamento geografico ne collocherebbero l’origine in epoca precedente, attorno al secolo XII.

La fortificazione svolgeva il compito di controllo dell’antica strada a mezza costa del monte Legnone, che collegava la Valvarrone alla Valtellina (l’antica Scalottola), e mantenne la sua importanza strategica nei secoli successivi, quando venne ampliata e inglobata nel sistema difensivo del Forte di Fuentes, divenendone l’opera accessoria più elevata.
La tipologia di alcune murature ne conferma infatti la datazione secentesca.
Il torrione è circondato e da edifici di supporto, ora abbandonati e diruti.

Il borgo comprendeva anche una cappella da cui è stato staccato un affresco raffgurante la Madonna col Bambino, probabilmente risalente al XV secolo, attualmente conservato nella chiesa dei Santi Angeli Custodi a Curcio.
La torre ha una pianta pressoché quadrata di circa 7,50 metri per lato e presenta, per motivi difensivi, un ingresso solo al primo piano con numerose feritoie disposte lungo le possenti mura.
Nonostante sia stata leggermente abbassata durante un intervento di messa in sicurezza e consolidamento effettuato all’inizio degli anni ’80, con i suoi 15 metri d’altezza, la torre domina ancora oggi tutto l’alto lago e il vicino Pian di Spagna.

Il pianoro antistante offre infatti un vasto panorama, purtroppo in parte rovinato dalla presenza di una linea di alta tensione, che ripaga lo sforzo della breve salita.
Il borgo fortificato era collegato all’abitato di Fontanedo, che si trova poco più a monte in prossimità della sponda, e a Colico, da diverse mulattiere.

Oggi la fortificazione è inserita in una rete di sentieri ben segnalati e facilmente accessibili tra cui il noto Anello di Fontanedo del CAI di Colico che tra l’altro collega la torre con la vicina chiesa di Sant’Elena situata a quota 600 metri.
Ai piedi dello sperone roccioso su cui sorge il borgo, in località Robustello, passa inoltre il tracciato dell’antica via oggi conosciuta come Sentiero del Viandante, un percorso molto frequentato che richiama ogni anno migliaia di escursionisti.

Il toponimo Fontanedo deriva dalle abbondanti sorgenti di acqua fresca, ormai in gran parte perdute, che scendendo a valle originavano la roggia molinara che per quasi un millennio ha alimentato i mulini idraulici di Villatico.

Testo elaborato sulla base delle informazioni del tabellone esplicativo a cura di E. Fatterelli

Colico Ieri e Oggi

lunedì, Aprile 1, 2013 @ 06:04 PM
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I primi insediamenti in età Neolitica hanno lasciato tracce sul Montecchio Nord, dove veniva estratto rame, dall’età del bronzo ci sono pervenute incisioni su massi (coppelle) ancora da studiare, dalle popolazioni liguri e celtiche alcuni toponimi (Olgiasca, Montecchio) e forse il nome stesso di Colico (Co-lèk).

In epoca romana emerge l’importanza strategica del lago, che costituisce la più importante via di comunicazione tra la ricca e popolosa pianura padana con gli altrettanto importanti paesi d’oltralpe attraverso i valichi alpini di Maloja, Septimer, Spluga, Julier.
La zona è inglobata in epoca imperiale nel Municipium Novum Comum, dove ha sede la flotta imperiale, terza per importanza: il lago è navigabile fino a Samolaco, da dove si prosegue via terra verso i valichi alpini, sulla sponda occidentale viene aperta l’unica via percorribile con carri, la Via Regina.
I terreni agricoli sono suddivisi con la centuriazione da cui il toponimo Centoplagio che ricorre spesso nei documenti.

Con la diffusione del Cristianesimo, si diffonde anche il culto di San Fedele, soldato romano martire del IV secolo, che forse approdò a Laghetto per cercare scampo alle persecuzioni.
Colico fa parte della diocesi di Como e della pieve di Olonio, sede anche di un mercato di fama internazionale.
Nel 617 il vescovo scismatico Agrippino fa costruire a Piona l’oratorio di Santa Giustina, primo nucleo della futura chiesa di San Nicolò.

Durante la dominazione di Franchi e Longobardi, sec. VIII-IX, ai piedi del monte Lineone (citato in un documento del 879) vivono comunità rurali con beni comuni o concilia, organizzate in aziende agricole o curtis, da cui toponimi Corte a Laghetto e i termini dialettali gudàz = padrino, scusàa = grembiule e gaggio = bosco di derivazione longobarda.
Grazie a donazioni e lasciti, si estendono le proprietà di chiese e monasteri di Gravedona e di Como.

Il nome Colego compare per la prima volta in un documento del 931, ma in numerosi atti notarili del tempo compaiono i toponimi Fameliarca, Curtis, Curte de Centoplagio (1204), Burgonuovo de Colgo, Rubianiga Olzasca, Fosato, Vilaricho (1154) e si parla di attività agricole, estesi vigneti, di mulini in località Vilaricho (1239).
Nel 1200 è documentata la formazione in Colico di un libero comune, retto da un’assemblea di Estimati o proprietari terre, diviso in 4 squadre o frazioni (Colico piano, Curcio, Villatico, Laghetto; Olgiasca, comune autonomo, sarà accorpato da Napoleone), e con estesi boschi e pascoli che erano beni della Comune cioè della comunità Nel XIV secolo Colico diventa feudo dei Visconti, viene assegnato alla famiglia Sanseverino e poi ai Quadrio di Tirano, col titolo imperiale di Conti dal 1550.
In quello stesso periodo un’alluvione del torrente Inganna distrugge l’insediamento originario di Colico piano, la roccaforte o castrum de Colego citato nei documenti, che viene trasferito in un’altra insenatura del lago.

Dal XII secolo, per le continue guerre fra Impero, Comuni e Papato, e in particolare fra Como e Milano che coinvolgono tutte le comunità lariane, nella zona alto lago vengono costruite una rete di torri di avvistamento e difesa con cinta muraria, per proteggere le popolazioni rurali dalle frequenti incursioni.
Ne rimangono tracce nei toponimi Murata, Portone a Curcio, Torre a Laghetto, nelle case-torri ormai scomparse a Olgiasca, Corte e a Curcio, ma di cui possiamo vedere due esemplari sul Monteggiolo.
Possiamo ancora ammirare nella sua imponenza quella di Fontanedo, a guardia dell’omonimo, antico, nucleo abitato.

Fin dal Medioevo è documentata una fitta rete di sentieri, ancora in gran parte percorribili, utilizzati per gli spostamenti locali, ma anche per mettere in comunicazione la zona rivierasca con la Valvarrone, la Valsassina, la Val Gerola, la Valtellina.
Sentieri acciottolati, a mezza costa costituivano, fino a due secoli fa, l’unica via lungo tutta la sponda orientale del lago, per viandanti e carri che volessero recarsi da Milano-Lecco nei paesi d’Oltralpe, e viceversa.
Su questa direttrice fu edificata nel XIV secolo la chiesetta di San Rocco.

L’importanza strategica di Colico si accresce, suo malgrado, nel XVI secolo, quando l’alto lago diventa uno dei campi di battaglia tra le superpotenze dell’epoca, Francia e Spagna, per il predominio dell’Europa: Colico viene invaso dapprima dai Grigioni, che devono poi arretrare fino a Piantedo, viene saccheggiato dai soldati francesi e infine occupato dagli Spagnoli, che mantengono il loro infelice dominio fino al 1714, quando subentrano gli Austriaci.
È un periodo di decadenza economica e di sofferenze per la popolazione, dovute a cause naturali (i terreni della Piana di Colico e l’intero Pian di Spagna si impaludano, e si diffonde la malaria) ma anche storiche e politiche.

Colico diventa “terra di confine” fra due stati in guerra anche religiosa: il Milanesado spagnolo baluardo del cattolicesimo e i Grigioni che hanno aderito al Protestantesimo e controllano la Valtellina (dovranno abbandonarla in seguito alla rivolta del 1620 nota come Sacro Macello).
Sul montecchio più vicino al confine, il Governatore di Milano Don Pedro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes fa erigere in gran fretta nel 1603 una fortezza che tenga a bada i Grigioni e una torretta che controlli la via per la Valtellina.

Durante la guerra dei 30 anni, che devasta l’Europa, le truppe mercenarie dei Lanzichenecchi nel 1629 scendono dalla Germania dirette a Mantova in aiuto degli Spagnoli, fanno tappa a Colico, saccheggiano e diffondono la peste che spopola il paese.
Solo nel XVIII secolo, con il governo “illuminato” di Maria Teresa d’Austria che impone tasse più eque e favorisce gli investimenti in agricoltura, la comunità di Colico comincia a riprendersi e la sua popolazione aumenta anche per l’immigrazione di braccianti e massari.

Il Catasto teresiano del 1722 mostra estese proprietà di enti ecclesiastici ma anche di nobili milanesi e industriali della seta che investono in redditizie aziende agricole nel territorio di Colico.
Si coltivano mais, cereali, castagni per il consumo familiare, numerose viti per pagare le tasse e i fitti, lino e canapa che insieme alla lana vengono filati e tessuti in casa dalle donne.
I contadini allevano anche mucche, pecore, capre, maiali per il consumo familiare, vivono in edifici rurali e praticano la transumanza stagionale sui monti e sugli alpeggi.

Nel secolo successivo estendono le piantagioni di gelsi, per allevare i bachi da seta sempre più richiesti dall’industria serica in espansione.
Nell’alto lago, lungo i corsi d’acqua, vengono impiantati setifici e filatoi; a Colico saranno attivi fino agli inizi del ‘900 tre “incannatoi” per la seta, dove lavoreranno soprattutto donne e bambine.

Le zone pianeggianti lungo il lago e l’intero Pian di Spagna sono però paludosi e improduttivi, la malaria continua a mietere vittime e costringe gli abitanti di Colico a trasferirsi d’estate in luoghi elevati e salubri, seguendo il bestiame sui monti e perfino in Valle Spluga, a Teggiate, Andossi luoghi d’origine di molte famiglie.
Vi crescono solo erbe palustri, caréch, vi nidificano varie specie di uccelli che richiamano anche dal milanese compagnie di cacciatori in cerca di selvaggina.
La frazione più popolosa sede dell’unica parrocchia, rimane Villatico, che gode di un ambiente più salubre e ospita attività produttive quali mulini, forni, torchi, segherie e a metà ‘800 la prima scuola.

Solo agli inizi del XIX secolo, grazie all’impegno dell’ingegnere francese Giacomo Rousselin e del medico varesino Luigi Sacco ha inizio tra molte diffcoltà la bonifica della Piana di Colico: si scavano canali, si aprono strade (per Piantedo), si estrae torba, si coltivano le terre prima acquitrinose.

Gli Austriaci realizzano importanti opere pubbliche, incanalano in un alveo rettilineo il corso dell’Adda nel 1858, potenziano la rete stradale per scopi militari, aprendo nel 1809 la Colico-Sondrio che poi proseguirà fino a Bormio e allo Stelvio, nel 1822 la Colico-Chiavenna che continua fino a Coira attraverso lo Spluga.
Queste opere pubbliche richiamano ed impiegano mano d’opera, Colico acquista una grande importanza nella rete viaria del tempo e si avvia ad uno sviluppo economico e sociale anche grazie alla costruzione del porto nel 1818.

Da qui passano tutte le merci da e per i paesi d’Oltralpe e, con l’avvento dei battelli a vapore, esso diventa il punto d’attracco più importante dell’alto lago.

Aumenta la popolazione sia nelle frazioni, che si costituiscono in parrocchie autonome intorno alle nuove chiese:
• Parrocchia di San Nicola di Bari in Olgiasca, eretta presumibilmente nel 1252
• Parrocchia di San Bernardino in Villatico, eretta intorno al 1500
• Parrocchia di San Fedele in Laghetto, eretta nel 1857
• Parrocchia di San Giorgio in Colico Piano, eretta nel 1914
• Parrocchia dei Santi Angeli Custodi in Curcio, eretta nel 1934

Ma si amplia soprattutto Colico Piano, che si avvia a diventare il centro del comune grazie alla sua posizione, ai servizi, al porto, alle strade che favoriscono la circolazione di merci, persone e idee.

Le idee mazziniane animano l’azione di Michele Ghisla e di altri patrioti che partecipano alle lotte risorgimentali per l’indipendenza, combattono al seguito di Garibaldi, si organizzano per affermare il diritto al voto (circolo repubblicano, suffragio universale), all’istruzione (più scuole, corsi per adulti), all’assistenza e alla pensione (Società Operaia di Mutuo Soccorso, 1864). Il lago di Como diventa sempre più meta di turisti: dai viaggiatori tedeschi del XVI secolo che ci hanno lasciato i loro appunti di viaggio, agli amanti del “Gran Tour” affascinati dalle rovine del Forte, dall’Orrido di Bellano, dalle ville.

A fine secolo iniziano le escursioni alpinistiche sul Monte Legnone (2609 m) e a Colico sorgono, accanto ad attività artigianali e a piccoli opifici (cartiera, incannatoi), numerosi alberghi.
Colico vede confermato il suo ruolo strategico nella rete delle comunicazioni con la costruzione della linea ferroviaria per Sondrio 1885, Chiavenna 1886 e Lecco 1894, che verranno elettrificate nel 1902 e favoriranno lo sviluppo della sponda orientale del lago.

La crisi dell’agricoltura, che rimane la principale attività lavorativa, costringe però molti colichesi ad emigrare, soprattutto negli Stati Uniti, nell’America Latina, in Australia, spesso definitivamente.
Nei primi decenni del XX secolo sono ancora molti i colichesi che migrano oltreoceano, ritornano dopo alcuni anni e con i piccoli capitali raggranellati possono acquistare appezzamenti di terra suffcienti per diventare da massari o fittavoli piccoli proprietari indipendenti.
Le rimesse degli emigranti rendono possibile una ridistribuzione della terra e una certa mobilità sociale.

Le tensioni internazionali, i preparativi bellici che contrappongono la Triplice Alleanza, di cui l’Italia fa parte fino al 1914, alla Triplice Intesa, con cui si schiera all’entrata in guerra nel 1915, spingono lo Stato italiano a costruire un’imponente linea difensiva per fermare un eventuale attacco dal fronte alpino: la Linea Cadorna.

La partecipazione alla prima guerra mondiale manda al fronte i giovani, braccia maschili valide indispensabili per l’agricoltura.
Numerosi sono i morti nelle trincee del fronte orientale, e più ancora quelli che fanno ritorno invalidi e mutilati; alla crescita del paese, così compromessa, non contribuiscono certo la politica autarchica e militarista del ventennio fascista.

La partecipazione alla seconda guerra mondiale, che ne costituisce il naturale epilogo e ne decreta la fine, vede morire sul fronte russo, africano e nei mari decine di giovani colichesi.
Soprattutto la ritirata di Russia apre gli occhi a molti giovani che, nonostante l’indottrinamento di un ventennio, dopo l’8 settembre rifiutano di continuare a combattere a fianco dei nazisti e si rifugiano in montagna, dove organizzano la lotta partigiana.

Colico, data la sua posizione strategica, è presidiata da truppe della RSI e tedesche, la popolazione è divisa.
La Resistenza non si realizza solo con azioni militari: sono molti i civili e le donne che sostengono, aiutano, nascondono i partigiani e i fuggiaschi, e anche la repressione è feroce (incendiate per rappresaglia case di Fumiarga, esecuzioni).

A Colico trovano ospitalità molti “sfollati” da Milano, sfuggiti ai bombardamenti, e si verificano episodi di solidarietà e generosità che si contrappongono alla barbarie della guerra, ma anche qui le bombe lanciate sul nodo ferroviario provocano morti civili e distruzioni.

La ricostruzione del dopoguerra vede una faticosa ma costante crescita del paese, che elegge come primo sindaco, dopo la Liberazione e il ritorno alla democrazia, lo storico professor Martino Fattarelli, a cui è stata dedicata la nuova biblioteca.

Negli anni ‘50 si assiste a un progressivo abbandono dell’agricoltura, che sopravvive come lavoro integrativo accanto a quello in fabbrica.
Uomini e donne trovano lavoro nelle industrie di Dervio (Redaelli), Bellano (cotonificio Cantoni), Mandello (Moto Guzzi), Abbadia (tubettificio), Lecco (Badoni), Talamona (Nuova Pignone) che raggiungono ogni giorno con i treni dei pendolari.

Solo con la costruzione della nuova SS36, completata con l’attraversamento di Colico, si mettono le basi per la creazione in paese di un’area industriale, che in breve offre possibilità di lavoro non solo ai colichesi ma richiama anche lavoratori da fuori.

Il resto è presente … e futuro da costruire! Colico è gemellata con la cittadina tedesca di Wolfegg.

Testo a cura di Giovanna Zugnoni

Colico – Chiesa di San Bernardino (Villatico)

domenica, Marzo 31, 2013 @ 09:03 PM
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san bernardinoIl nome Villaricho appare per la prima volta in un atto di vendita del 1154.
Alcuni documenti testimoniano, nel 1239, l’esistenza in territorio di Colico, di un mulino idraulico che ragionevolmente possiamo collocare in Villatico, lungo il tragitto della roggia molinara.
Alla fine del XIII secolo di sicuro c’era a Villatico un piccolo tempio, perché le testimonianze affermano che a quell’antica comunità era assicurato un servizio religioso.
Solo verso la fine del XV secolo la chiesa fu dedicata a San Bernardino, un predicatore senese che attraversò a piedi l’Italia predicando la riforma religiosa, la giustizia sociale e operando a favore della pace tra le città allora in conflitto.
Si recò anche in Valtellina e per questo toccò il suolo di Villatico.
L’ultimo ampliamento significativo venne completato nel 1896, data ancora leggibile nell’arco a tutto sesto che separa il presbiterio dal corpo della navata.
L’edificio, lungo i secoli costituì il centro della vita religiosa e sociale della locale comunità contadina. La sua antichità appare dall’impianto architettonico basilicale.
L’aula a tre navate è suddivisa da semplici colonne in muratura ordinaria con cinque campate ad arcate a tutto sesto, con volte a botte per quella centrale e a crociera per quelle laterali.
L’altare maggiore è caratterizzato da sinuose linee settecentesche in marmo nero di Varenna intarsiato da altri marmi policromi.
Le pareti del presbiterio, dell’abside e dei due archi trionfali che presentano un apparato decorativo di autore ignoto, si rifanno allo stile barocco e sono tutti realizzati con la tecnica dell’affresco a trompe d’oeil.
Sulle pareti sono raffgurati l’episodio biblico del Sogno della scala di Giacobbe e la sua Lotta con l’Angelo; sulla volta a botte San Bernardino nella gloria del Paradiso tra molteplici elementi decorativi.
Sulle pareti del catino absidale S. Bernardino è affiancato probabilmente da S. Elena e S. Margherita.
I due altari delle navate laterali e le relative statue, probabilmente appartenenti all’edificio originario, sono dedicati a S. Giuseppe (a destra) a alla Beata Vergine del Rosario (a sinistra).
L’arco trionfale realizzato dopo l ’allungamento verso ovest della navata centrale mostra un affresco raffigurante Cristo in gloria, attribuito al Tagliaferri.
L’organo, quasi sicuramente appartenente alla primitiva chiesa, dopo l’ampliamento di !ne ottocento è stato rimaneggiato dalla fabbrica d’organi Marelli e collocato sopra l’ingresso principale.
In una nicchia della navata laterale di sinistra è collocato il fonte battesimale dove ricevette il battesimo suor Maria Laura Mainetti per la quale è in corso la causa di beatificazione.
Sul lato sud della piazza fino alla fine del XIX secolo, sorgeva il cimitero di Villatico.
Oggi una lapide apposta sulla parete della chiesa così recita: “Rispetta o Colico questa piazza un tempo sepolcro dei padri tuoi”.

Testo elaborato sulla base dell’opuscolo informativo disponibile presso la chiesa di San Bernardino

Colico – Chiesa di San Miro

domenica, Marzo 31, 2013 @ 09:03 PM
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San MiroSan Miro nacque a Canzo nel 1345. Il Santo, dopo aver donato tutti i suoi averi ai poveri, condusse una vita solitaria, prima presso il suo paese, poi sui colli di Roma dove giunse dopo un lungo pellegrinaggio e infine a Sorico dove morì nel 1381.
La chiesa di San Miro è di origine romanica e risale presumibilmente al XII secolo.
È menzionata per la prima volta in un documento del 1286 conservato presso la collegiata di Chiavenna.
Originariamente era dedicata a S. Michele e dell’antico edi!cio rimangono nella navata destra alcuni affreschi trecenteschi e una monofora.
La chiesa nel XV secolo venne dedicata a San Miro il cui corpo fu trovato il 10 settembre 1452 all’interno nella cappella intitolata a Sant’Antonio.
Infatti, Miro alla sua morte, avvenuta nel 1381, fu sepolto nella chiesa e la sua tomba divenne subito meta di pellegrinaggi dei fedeli delle due sponde del lago per la richiesta di pioggia contro la siccità o per fermare eventi calamitosi causati dall’acqua.
Dal 1452 iniziò un lungo periodo di ampliamenti e arricchimenti artistici della chiesa, poi riconsacrata nel 1456.
Risalgono al rinnovamento quattrocentesco due affreschi ra&guranti la Madonna col Bambino e quelli della Madonna del Latte e della Madonna in Trono, una Crocifissione e un San Sebastiano visibile sul primo pilastro di sinistra.
Nel 1526, il pittore Sigismondo De Magistris inaugurò un nuovo ciclo decorativo che interessò l’area compresa fra i due pilastri che separano la navata centrale da quella di destra.
Il ciclo comprende la figura di Sant’Antonio, le sue tentazioni nella lunetta superiore, l’incontro con Paolo eremita, la morte di S. Paolo eremita, Sant’Antonio che guarisce un’indemoniata e i miracoli presso la tomba di Sant’Antonio.
Nel 1987 iniziò un’importante fase di studio e restauro che in pochi anni portò alla luce diversi affreschi nascosti sotto secolari strati di calce nella navata sinistra di origine tardo medioevale.
Nel 1990 abbattendo un muro di perimetrale si ritrovò l’antico arco d’accesso alla cappella dalla tomba del santo, demolita nel XVII secolo.
Alla figura di S. Miro sono legate diverse leggende.
Si diceva, fra l’altro, che Miro fosse giunto fino a Sorico stendendo il suo mantello sulle acque del lago e camminandoci sopra.

Testo di Roberto Pozzi e Giovanna Zugnoni

Colico – Abbazia di Piona

martedì, Marzo 26, 2013 @ 06:03 PM
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Abbazia di Piona
L’Abbazia di Piona, storicamente collegata a quella di Vallate, i cui suggestivi ruderi sono visitabili a pochi chilometri dal paese, in direzione di Morbegno, rappresenta uno dei complessi conventuali più suggestivi del luogo, sia per il fascino dell’ambiente naturale, sia per la presenza di testimonianze artistiche molto rilevanti. La chiesa, sorta nella metà del XI secolo, ma soggetta ad ampliamento già nel secolo successivo, presenta una facciata a capanna, con una grande finestra centrale a tutto sesto.

L’interno è costituito da un’unica navata. All’ingresso troviamo due leoni in marmo reggenti acquasantiere, ma che in origine dovevano sostenere una colonna o un pulpito. Di notevole interesse artistico il ciclo pittorico, risalente al XIII secolo, presente dell’abside: nel centro del catino troviamo la grande figura di Cristo che sostiene un libro aperto attorniato dai quattro simboli degli evangelisti, mentre nell’area sottostante sono rappresentati i dodici apostoli; nella volta, attorno alla figura del Cristo benedicente fra angeli, troviamo ancora raffigurati i dodici apostoli, divisi in gruppi di sei, in gesto di acclamazione.

Dietro l’edificio della chiesa si erge il rudere di un’abside di origine altomedievale, la cui destinazione originaria è incerta. Il campanile esterno, sul fianco nord, risale invece al XVIII secolo. A destra della facciata si accede, attraverso un portale ad arco acuto, al chiostro, risalente al XIII secolo, di particolare fascino: lungo il perimetro del cortile corrono quarantuno colonne e quattro pilastri di marmo, i cui capitelli, finemente decorati con motivi di foglie, fiori ed animali, sostengono un piano superiore con ghiere in cotto e in fasce in marmo bianco, rosso e nero interrotte da eleganti bifore.

All’ingresso del chiostro si trova un affresco, risalente al XV-XVI secolo, raffigurante l’apparizione di Cristo alla Madonna, mentre sopra all’ingresso del portico che porta alla chiesa è raffigurato un busto di Cristo. Sotto il portico, a ridosso della chiesa, in uno stile semplice e dal tono popolare, si trova un calendario affrescato, elemento decorativo singolare di cui esistono pochi esempi in tutta Europa. Si tratta di una lunga fascia divisa in due registri: in quello superiore sono rappresentati i singoli mesi attraverso le occupazioni agricole caratteristiche, settembre, ad esempio, è caratterizzato dalla preparazioni delle botti, luglio dalla battitura del grano; in quello inferiore è rappresentata una serie di undici santi raffigurati nel momento del martirio. L’affresco risale ad un’epoca precedente la costruzione del chiostro ed era situato in origine all’esterno della chiesa.

Vai al sito dell’Abbazia di Piona

Colico – Tempietto di San Fedelino

martedì, Marzo 26, 2013 @ 06:03 PM
aggiunto da admin

San FedelinoIl tempietto di San Fedelino sorge sul posto dove, secondo la tradizione, fu martirizzato il santo durante l’impero di Massiminiano.
La località venne individuata da una pia donna in seguito ad una rivelazione divina; una volta dissepolte, le reliquie del martire furono portate a Como e il punto in cui vennero trovate fu consacrato con l’erezione di un tempietto.
La piccola struttura che presenta molti degli elementi fondamentali del romanico lombardo, è un vero e proprio gioiello in miniatura, una fra le più antiche testimonianze in Lombardia.

Fu edificato da maestranze comacine ed è rimasto fondamentalmente inalterato nei suoi corpi architettonici grazie all´isolamento della radura su cui è stato eretto.
La struttura è a pianta quasi quadrata (circa 3,5 metri per lato), con abside semicircolare orientata verso est, in direzione del sole nascente come voleva la simbologia medievale e avere il nord a sinistra verso dove si proclamava il vangelo.

La facciata rimane quindi addossata alla montagna e l’entrata si trova sulla parete laterale.
Le mura all’esterno, che sfiorano il mezzo metro di spessore, si presentano in buono stato di conservazione e i materiali costruttivi sono costituiti da pietre, ciottoli di fiume e piode per la copertura.
L’esterno dell´abside è ingentilito da tre coppie di archetti pensili, tipici delle chiesette romaniche. Il tetto a capanna è coronato da un frontone.
Nell´interno, l´abside è semicircolare e riceve la luce da una finestrella centrale, monofora a doppia strombatura.

Purtroppo si sono persi quasi tutti gli affreschi: oggi ci rimangono solo alcuni frammenti e lacerti.
Al centro dell’abside è solo parzialmente leggibile un Cristo Pantocratore di stile bizantino, con un libro nella mano sinistra che riporta la scritta “Ego sum via veritas et vita” ed è affancato da due angeli a braccia tese che reggono due drappi rossi.
Sotto, ai due lati della finestra, si intravede la rappresentazione dei dodici apostoli.
Questi affreschi sono databili fra l’XI e il XII secolo.
La volta pare essere la più antica realizzazione a crociera sul territorio comasco.

Il tempio di San Fedelino, nella sua lunga storia, ha avuto i suoi momenti di decadenza, durante i quali fu adibito per i più svariati usi: da fortino spagnolo, a stalla, o ancora a deposito degli attrezzi per gli operai che qui estraevano un granito che ancora oggi è noto come S. Fedelino.
La struttura ha quindi richiesto due restauri, il primo nel 1901, il secondo nel 1992.

Testo di Roberto Pozzi e Giovanna Zugnoni
Per informazioni: Ufficio Turistico Chiavenna Tel. +39 0343 37485 – consorzioturistico@valchiavenna.com

Colico – Pian di Spagna

martedì, Marzo 26, 2013 @ 06:03 PM
aggiunto da admin

pian di spagnaSituato nel punto d’incontro della Valtellina e della Valchiavenna con il Lago di Como, il Pian di Spagna è una pianura alluvionale formata dai detriti portati nel corso dei secoli dai fumi Adda e Mera.
Si trova sul corridoio di migrazione dello Spluga, uno dei punti di attraversamento più breve dell’arco alpino, ed è una zona umida di interesse internazionale sia per dimensioni che per le caratteristiche del suo habitat naturale.
Abitato fin da epoca romana, dove sorgeva l’antica Olonio, l’area deve il suo nome alla massiccia presenza dei soldati spagnoli che nei secoli XVI-XVIII presidiavano la zona, posta sul confine tra il Ducato di Milano e i Grigioni.

L’intervento dell’uomo ha modificato nel tempo il paesaggio rettificando il corso dell’Adda, bonificando gran parte delle paludi, e insediandosi con le sue attività agricole.
Nonostante ciò l’ambiente ha ancora conservato, soprattutto nella zona nord a ridosso del lago di Mezzòla, il suo aspetto primitivo, con ampie zone umide ricoperte di canneti e cariceti che danno protezione a numerose specie di uccelli, rettili, anfibi e mammiferi.
Per preservare questo ambiente, crocevia di importanti rotte di migrazione e punto di svernamento per diverse specie di uccelli legati all’ambiente acquatico, nel 1985 è stata istituita la Riserva Naturale Pian di Spagna e Lago di Mezzòla su un’area di circa 1600 ettari comprendente territori dei comuni di Sorico, Gera Lario, Dubino, Verceia e Novate Mezzòla.

L’attività agricola è predominante, con ampie superfici di prati da sfalcio e campi di mais, ma negli ultimi anni il Pian di Spagna ha visto il costante sviluppo di un turismo legato alla natura: passeggiate a piedi, in bicicletta, a cavallo, attività di birdwatching, uscite in canoa sono attività praticate da un numero sempre maggiore di appassionati.
Di fronte all’espansione delle aree antropizzate, le zone umide sono andate progressivamente scomparendo in tutto il continente europeo, tanto che, a sud delle Alpi, le uniche superstiti di una certa rilevanza, sono: le Bolle di Magadino nel Canton Ticino, le Torbiere del Lago di Iseo, i Laghi della Brianza e appunto il Pian di Spagna.

COLICO – Numeri Utili

martedì, Marzo 26, 2013 @ 05:03 PM
aggiunto da admin
MUNICIPIO DI COLICO
Piazza V Alpini 1 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 934711 (Centralino)
Fax: +39 0341 934716
www.comune.colico.lc.it
email: colico@cert.legalmail.it
CENTRO SALUTE POLIAMBULATORI
Via Colico 43/a – 23010 Piantedo(SO)
Tel: +39 0342 682132
www.centro-salute.org
…..
SEGRETERIA SINDACO
Tel: +39 0341 934780
email: segreteria.sindaco@comune.colico.lc.it
NAVIGAZIONE LAGO DI COMO
Biglietteria: via Al Pontile 1 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 940815
www.navlaghi.it
….
UFFICIO LAVORI PUBBLICI
Tel: +39 0341 934709
(Emergenze: + 39 0341 934777)
email: lavoripubblici@comune.colico.lc.it
TAXI PORTA MAURIZIO
SERVIZIO
24 ORE SU 24
Via Perlino 13 – 23823 Colico (LC)
Cell: +39 347 9242769
….
POLIZIA MUNICIPALE
Tel: +39 0341 934721
Cell: +39 345 6213424 / +39 347 4396775
email: poliziamunicipale@comune.colico.lc.it
CARABINIERI
Comando Stazione Colico
Via Parravicini 2 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 940106
….
BIBLIOTECA COMUNALE
“M. FATTARELLI”

Via alle Torri 13 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 940078
email: biblioteca@comune.colico.lc.it
FORTE MONTECCHIO NORD
Via alle Torri 8 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 940322 (Segreteria del Forte)
Cell: +39 338 5926220
(Stefano Cassinelli, responsabile del Forte)
email: info@fortemontecchionord.it
….
MEDICINA DI GRUPPO E PEDIATRIA DI COLICO
Piazza Garibaldi – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 930916
MUSEO DI CULTURA CONTADINA
Via Campione – 23823 Colico (LC)
Apertura su appuntamento
Roberto Pozzi (curatore) –
Cell: +39 339 5289163
email: amicidelmuseocolico@gmail.com
….
FARMACIA SANTI BARAGLIA SIMONA
Via Nazionale 22 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 930178
RISERVA NATURALE
PIAN DI SPAGNA
E LAGO DI MEZZOLA
Via Della Torre 1/A –
22010 Sorico (CO)
Tel: +39 0344 84251
email: info@piandispagna.it
www.piandispagna.it
….
FARMACIA SANTA RITA
DI CARLA FAIENZA
Via Nazionale Sud 28 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 941152
ABBAZIA CISTERCENSE DI PIONA
Località Piona 1 – 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 940331
….
PARAFARMACIA OMEOPATIA
FITOTERAPIA VETERINARIA
Via Baronia 6 – 23823 Colico (LC)
tel: +39 0341 930778
OSPEDALE DI GRAVEDONA
“MORIGGIA PELASCINI”
Via Moriggia Pelascini – 22017 Gravedona (CO)
Tel: +39 0344 92111

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