Archivio categoria ‘Abbadia Lariana’
Sulle Orme del Viandante 2012:
I dettagli della Manifestazione
Le Proloco della Sponda Orientale del Lago di Como,
con il patrocinio dell’ UNPLI Lombardia, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, la Regione Lombardia, la Provincia di Lecco, le Comunità Montane della Valsassina, Valvarrone Val’ d’Esino e Riviera, le Comunità Montane del Lario Orientale e della Valle San Martino, le Amministrazioni Comunali del Lario Orientale
sono liete di annunciare le date della manifestazione “Sulle Orme del Viandante” – edizione 2012 si svolgerà a partire dal mese di Settembre.
La manifestazione “Sulle orme del Viandante” è l’occasione ideale per chi ama camminare su un percorso ricco di spunti culturali e naturalistici.
Il Sentiero del Viandante si snoda per circa 40 Km: le origini risalgono probabilmente al XIV secolo, utilizzato nel ‘400 come alternativa durante le pestilenze e come alternativa al lago per il traffico commerciale, successivamente venne anche utilizzato dalle soldataglie che calavano a Lecco e nei dintorni.
Lungo l’itinerario sono numerose le chiesette dedicate soprattutto ai patroni del popolo, dei malati, dei mercanti e dei pellegrini, oltre a ospizi destinati a rifocillare i viandanti. Si incontrano inoltre pilastri votivi, oratori ed edicole. Altrettanto numerosi sono i suggestivi scorci panoramici.
Durante le passeggiate saranno visitati i monumenti e luoghi d’interesse posti lungo il percorso con spiegazioni fatte da esperte guide.
Scarica la Locandina della Manifestazione
9 Settembre |
Abbadia – MandelloRitrovo: 8.30 • Abbadia, Parco Chiesarotta |
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16 Settembre |
Lierna – Ortanella – VarennaRitrovo: 8. 45 • Lierna. Stazione FS |
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23 Settembre |
Varenna – BellanoRitrovo: 8.30 • Bellano. Piazzale Stazione FS |
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14 Ottobre |
Bellano – Dervio – DorioRitrovo: 8.30 • Bellano, Piazza Stazione FS |
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7 Ottobre |
Dorio – Posallo – ColicoRitrovo: 8.30 • Colico, Ufficio Turistico |
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19 Ottobre |
Serata finale
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Sebbene sia possibile iscriversi direttamente alla partenza delle tappe,
al fine di ottimizzare la gestione degli eventi,
si consiglia vivamente di effettuare la prenotazione entro i termini suggeriti
ai numeri di telefono o agli indirizzi di posta sopra riportati
La quota d’iscrizione per ogni passeggiata è di 7€ (gratis i ragazzi sino a 14 anni) e comprende anche il tragitto in treno al punto ritrovo o di partenza ed uno spuntino con rinfresco.
Il pranzo al sacco è a cura dei partecipanti
In caso di cattivo tempo le escursioni verranno rimandate nelle Domeniche immediatamente successive all’ultima tappa della manifestazione
Tra i partecipanti ad almeno tre escursioni, verrà sorteggiato un viaggio gratuito per 2 persone in una città europea
In occasione della manifestazione, sarà possibile acquistare l’opera “Il Sentiero del Viandante: arte, storia e cultura tra lago e montagna” di Giovanna Virgilio, ad un prezzo particolarmente favorevole
Abbadia Lariana: La Chiesa di San Lorenzo
S. Lorenzo è ricca di storia e di arte: nel luogo dove sorge, esisteva, dal sec. VIII, un’abbazia benedettina dedicata a S. Pietro, che si ritiene fondata addirittura da Desiderio, re dei Longobardi.
Verso il sec. XII perse d’importanza, e il Tatti dice che “cadde e rovinò per decrepità”, facilmente la tracimazione del lago causò o affrettò la decadenza della chiesa.
Venne ricostruita nel sec. XIII dall’Ordine dei Padri Serviti, che la dedicarono ai SS. Vincenzo ed Anastasio.
Don Grisoni, nella sua cronaca parrocchiale, dice: “La tradizione vuole che Filippo Benizi membro e generale dei Serviti, fondati in Firenze nel 1233 dai sette Santi fondatori, viaggiando per l’Italia, fosse passato anche da queste parti e, trovata questa gente abbandonata, facesse sì che il vecchio monastero venisse riedificato con la chiesa, che venne dedicata ai SS. Martiri Vincenzo ed Anastasio, e da Abbazia dei Benedettini venisse cambiata in un priorato dei Padri Serviti”.
La chiesa ricostruita non doveva essere molto grande, ad una navata sola, come si vede in un disegno del 1700 presente nell’archivio parrocchiale. Il presbiterio, piuttosto piccolo, era di forma rettangolare. L’edificio risultava più basso, con tetto in travi di castano.
Nel 1788, i frati Serviti si trasferirono a Como, per ricongiungersi con i confratelli del convento di S. Gerolamo e vendettero il Conventino ai signori Bianchi, mentre la chiesa fu ceduta alla parrocchia, in quanto più grande e in migliore stato della chiesa di S. Lorenzo, che si trovava nella località ora chiamata Chiesa rotta.
Così cambiò ancora il santo titolare: i SS. Vincenzo ed Anastasio cedettero il posto a S. Lorenzo.
Qui venne portato l’altare ligneo barocco, che ancora si può ammirare, il crocifisso, la beata Vergine della Cintura e l’altare di S. Apollonia.
La popolazione aumentava e la chiesa ormai era insufficiente, per cui nel 1888 si incominciò un lavoro di ingrandimento e di restauro: si abbattè la volta per innalzare il soffitto dell’edificio e lo si ricostruì inchiodando alle travi piccole listerelle di legno intonacate con stabilitura; sfondando le pareti laterali, si aggiunsero due navate, che purtroppo restano nascoste al celebrante dai quattro mastodontici pilastri, che sostengono il tetto; il presbitero rettangolare venne ingrandito con un’abside semicircolare.
La chiesa, però, non aveva la sagrestia; si rimediò all’inconveniente con un tratto di cantina donato dal sig. Angelo Lafranconi, divenuto proprietario del Conventino. La volta e le pareti furono affrescate e decorate da Luigi Tagliaferri nel 1915.
Il tetto di tegole di Voghera non resistette a lungo e l’acqua penetrata nella chiesa rovinò le decorazioni.
Negli anni ’60 Oreste Broggi, decoratore di Abbadia, rinfrescò l’interno, ma il tetto lasciava sempre penetrare acqua, per cui il deterioramento continuò: si decise di rifarlo completamente con ardesia della Valmalenco nel 1980, ma ormai le decorazioni e gli intonaci erano ridotti in cattivo stato.
Agli inizi del nuovo secolo una importante opera di restauro ha rimediato al degrado
Fonti: Abbadia Oggi – anno VI – N. 4 – 21 Luglio 1987
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Abbadia: I “Monoliti” di Chiesa Rotta
In località Chiesa Rotta, al numero civico 2, sul lato sinistro della Provinciale 72, in direzione Mandello Lario, due massi di ghiadone sono posti a delimitare l’accesso al giardinetto di una casa.
Fin qui nulla di strano se non fosse che più di uno storico, tra cui Oleg Zastrow (insigne studioso di storia locale), teorizzano che i due pilastri, alti rispettivamente 131 cm. e 134 cm., risultano essere stati in origine coperchi di sarcofaghi di epoca tardo-romana.
Osservandoli bene si possono notare la cupside e le modanature laterali, che danno l’idea di una piccola arcatura.
I fori rettangolari verso l’alto dei monoliti, testimoniano il fatto di essere stati utilizzati come montanti per magli in un’officina dove si lavorava il ferro.
L’ipotesi è confermata anche dal fatto che in Navegno (sul monte di Borbino), esisteva una miniera e nei pressi, un cascinale, probabile sede di un’officina metallurgica.
Chissà quante volte siamo passati accanto a questi reperti e non li abbiamo neppure degnati di uno sguardo; il nostro passato è composto anche da cose apparentemente semplici, che meritano di essere conosciute.
Abbadia Lariana – La Torraccia
La Torraccia sorge isolata all’inizio del paese: venendo da Lecco, la si scorge lungo la sponda orientale del lago. Una fotografia presso l’archivio dei Musei di Lecco riproduce la Torre con un grande muro (antemurale) che si estende sino a lago; si trattava certamente di una fortificazione, forse di un piccolo castello.
Gli Annali Sacri di Como e della Diocesi fanno cenno alla presenza sulla sponda orientale del ramo di Lecco di un Castello Francione (sec. X); non ci sono documentazioni che lo possano comprovare, resta però il fatto che l’unico castello si poteva trovare dove ora è la Torraccia.
La vecchia Statale n. 36 era ricavata in trincea tra la torre e un piccolo spalto sul lago che aveva ancora tracce di mura ma la superstrada ha in seguito livellato il tutto.
La struttura di forma quadrangolare è parzialmente diroccata ed è stata soggetta a pesanti interventi di restauro: di pianta rettangolare di 8,2×7,6 metri, con mura spesse alla base poco più di un metro ed una altezza di circa 14,2 metri, era organizzata in 5, massimo 6 piani; la sommità era protetta da una copertura a capanna con le falde a spiovente verso nord e sud; infatti solo su dette fronti si nota la “scossalina” esterna a immorsatura di lastre di pietra che serviva a portare fuori l’acqua dai muri e a lanciarla sul terreno sottostante. Sui lati superstiti si aprono alcune ferritoie alte e strette con una luce di circa 5/6 Centimetri di larghezza e 64 Centimetri di altezza. La parete nord, è caratterizzata da due aperture poste in stretta diagonale, la parete a monte è caratterizzata invece da una singola apertura centrale, in prossimità della cima: tutte terminano con un arco a tutto sesto in materiale lapideo chiaro, probabilmente una maiolica. I due lati interessati dal crollo mostrano che esso è avvenuto lungo le finestre che vi si aprivano. Gli elementi lapidei esterni, composti principalmente da materiale calcareo e di cava non locale, sono ben lavorati e ben squadrati; alcuni massi angolari sono bugnati. Le pareti presentano un elevato numero di fori per l’incastro delle travi, alcuni utilizzati per la costruzione della torre, altri per sostenere i piani in cui era suddivisa la torre, altri ancora atti a sostenere la struttura lignea esterna di difesa.
Eretta probabilmente attorno al XII secolo (con affinità costruttive con la torre di Teglio e con la torre Fiorenzana di Grono (CH)), la sua funzione è tra le più sconosciute del territorio e tra le più difficili da interpretare, soprattutto proprio perché non c’è più la possibilità di realizzare una adeguata indagine archeologica in quanto il terreno circostante è stato completamente compromesso con la costruzione dello svincolo della superstrada.
Come posto di avvistamento era assolutamente inutile in quanto esistono dei luoghi vicini sicuramente più idonei a tale funzione (la collina dove sorge la chiesa di S. Martino o a Navegno alla cima di S. Lucio) e perchè non in diretta vista col paese e con le torri nelle immediate vicinanze; probabilmente controllava l’accesso ai territori a nord di Lecco forse con funzioni di difesa e di dazio, bloccando il passaggio a valle mediante una struttura in muratura fino alla riva del lago (ancora parzialmente visibile nelle vecchie foto prima della costruzione del nuovo sistema viario) e a monte mediante una palizzata (di cui se ne sono perse le tracce)
Scarica la pubblicazione sulla Torraccia a cura di – LA BADIA –
Fonti:
Paolo Corti, “Le Fortificazioni di Abbadia – La Torraccia”,
– LA BADIA – Associazione per la Storia Locale
Antonio Balbiani, “Da Lierna ad Abbadia”, 1967 – Pietro Cairoli Editore
Antonio Balbiani, “Le fortificazioni di lecco e del mandellasco”, Abbadia Oggi – 21/11/1989
Cesare Alippi “L’arte della guerra sul Lario a cavallo dei secoli XI e XII”, 2011
Sulle Orme del Viandante – Edizione 2012
Le Proloco della Sponda Orientale del Lago di Como sono liete di annunciare che la manifestazione “Sulle Orme del Viandante” – edizione 2012 si svolgerà a partire dal mese di Settembre.
Prossimamente verranno rese note le date e gli itinerari
Abbadia Lariana – La Chiesa di San Martino
La chiesetta di San Martino, si trova all’inizio di Abbadia Lariana, su un poggio sopra la statale e ai piedi del Monte Borbino.
Rinnovata nel 1400, e registrata già nel XIII secolo nel “Liber notitiae Sanctorum Mediolani” fra i 10 edifici religiosi appartenenti all’abbazia di San Vincenzo, la Chiesa di San Martino ha origini ben più antiche.
L’edificio si presenta con pianta rettangolare, una sola navata a copertura lignea e con capriate a vista; le finestre, di forma allungata, sono di fattura medioevale.
A divisione della navata dall’abside é posta una parete in muratura, terminante a due spioventi, secondo la pendenza delle falde del tetto, nella quale é ricavata una apertura ad arco ogivale molto elegante e ben proporzionata.
L’abside, che é un poco più stretta della navata, é coperta con una bellissima volta a crociera costolonata e chiusa in centro da una chiave circolare con orlatura torica.
I costoloni, sono a sezione triangolare smussata, carattere proprio delle costruzioni gotiche;
Gli elementi citati, come la copertura lignea, la separazione con parete della navata dall’abside, la bella volta a crociera, inducono a datare la costruzione attorno al secolo XIII.
Pur essendo intitolata a S. Martino al suo interno si trovavano molti riferimenti di devozione alla Madonna.
Sopra l’altare a muro vi era uno splendido affresco della Crocefissione: tale opera è stata trafugata attorno al 1964.
La prima descrizione di questo dipinto la troviamo nelle visite del Vescovo Ninguarda del 1593: “detta chiesa ha una sola capella et uno altare posto nel muro, in volta, et non ha alcuna icona, ma in mezo nel muro vi sono dipinte il Crocifisso, et molte altre figure”.
Il Vescovo Carafino nel 1627 è più preciso nella descrizione e dice : ” un altare con sopra dipinto il Crocifisso, la Beata Vergine, Giovanni Evangelista, Maria Maddalena genuflessa ai piedi della croce, S. Martino e S. Rocco”. Sull’altare vi era anche una piccola tavola rotonda con dipinto a olio il volto di Maria, e sulla facciata dell’arco trionfale, a sinistra, si trovava un altro affresco con la Madonna in trono, le cui tracce erano ancora visibili nel 1970, e un’altra Madonna era dipinta presso la porta laterale.
Da alcune fotografie possiamo vedere com’era il dipinto che si sviluppava sulla parete sopra l’altare. Sullo sfondo si vede una Gerusalemme con le torri e le mura. A sinistra del Crocefisso vediamo S. Martino e la Madonna; al centro, abbracciata alla croce, Maria Maddalena e sulla destra della croce S. Giovanni Evangelista e S. Rocco; tutto il dipinto è racchiuso da un’ampia fascia decorata. Sopra la croce otto piccoli angeli facevano da corona al Cristo crocefisso.
La chiesetta ha avuto, nel secolo scorso, una storia travagliata: è stata alienata con atto notarile del notaio Antonio Berera il 1 marzo 1943, essendo stata sconsacrata con decreto vescovile il 5 dicembre 1941, riconosciuto agli effetti civili con Regio Decreto il 19 aprile 1942. La nuova proprietà non ha mai provveduto a restaurare l’edificio, che in un certo periodo si è ridotto ad essere senza tetto, preda di vandali e saccheggiatori i quali, attorno al 1964, hanno addirittura trafugato l’affresco sopra l’altare.
Il 20 marzo 1973, la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Milano rispose alla richiesta di demolizione inoltrata dal Comune di Abbadia dicendo che, nonostante lo stabile fosse senza tetto e sembrasse un rudere, non avrebbe concesso la demolizione, imponendone il restauro.
In quel momento la proprietà era di una azienda di costruzioni, che aveva acquistato tutta la zona, e intendeva realizzare altri progetti, non certamente il restauro di S. Martino, anzi riuscì a regalare al comune la chiesa in abbandono il 7 dicembre 1977.
Il Comune fece rifare il tetto, salvò dalla distruzione l’edificio e fece anche un progetto di recupero delle sinopie degli affreschi che purtroppo non si è mai tradotto in realtà: attualmente il manufatto non è visitabile e tutte le finestre sono state murate per proteggere l’interno da possibili atti vandalici.
Dalla radura, su cui sorge la chiesetta, naturale terrazza sul lago, si può godere uno splendido panorama: a sud, i resti della Torraccia, una antica fortificazione che proteggeva il territorio, i fianchi scoscesi e le rupi del Monte S. Martino, la città di Lecco; dall’altra parte del lago, il Monte Moregallo e i Corni di Canzo.
Questo luogo, è il punto di partenza del Sentiero del Viandante, una antica via di comunicazione che collega il basso Lario con Colico: all’interno del cortile che circonda la chiesa è stata predisposta un’area attrezzata in cui è possibile effettuare una sosta prima di affrontare la camminata.
Fonti:
Camilla Candiani, “IMMAGINI della devozione Mariana in Abbadia nei secoli scorsi”,
2003 – LA BADIA – Associazione per la Storia Locale
Antonio Balbiani, “Da Lierna ad Abbadia”, 1967 – Pietro Cairoli Editore
“Abbadia Oggi ” – ANNO VIII – N 2 – BIMESTRALE – 21 MARZO 1989
Abbadia: La Cappellania Rappi
Le famiglie facoltose, nei secoli passati, fondavano nelle varie chiese del paese cappellanìe. Mettevano, cioè, a disposizione della parrocchia una certa quantità di beni immobili, dal cui reddito si traeva il necessario per celebrare delle messe sull’altare della cappellanìa, in suffragio dei defunti delle famiglie.
Contribuivano, così, al mantenimento di un sacerdote, visto che, per l’abbondanza delle vocazioni, in ogni paese ce n’era più d’uno.
Mercoledì 1 luglio 1705, davanti al Vescovo di Como Francesco Bonesana, mentre era papa Clemente, si presenta il chierico Bartolomeo Vaccani, procuratore di Antonio Rappi figlio di Arcangelo abitante nella parrocchia di S. Lorenzo dell’Abbadia, per chiedere di istituire per maggior gloria di Dio, della beatissima Vergine Maria dei Santi, per sostenere il culto divino in detta chiesa parrocchiale, e per pregare in suffragio delle anime del purgatorio, un beneficio sotto il titolo della Madonna della Cintura, riservandosi il diritto di patronato.
A causa di tale diritto la famiglia poteva eleggere in perpetuo il cappellano che maggiormente era di suo gradimento. Per ottenere quanto chiede allega numerosi documenti come ad esempio la stima dei beni che vengono messi a disposizione, le clausole che regolano la cappellanìa, una presentazione dell’arciprete di Mandello.
Da queste carte si ricavano alcune notizie curiose. La devozione alla Madonna della Cintura era molto diffusa. All’interno della chiesa Parrocchiale (attuale chiesa rotta) si trovava l’altare con la statua della Madonna, sul quale già vantava dei diritti Giuseppe Ambrosoni, della stessa parrocchia. Egli “pretende che la cappella ove presentemente resta collocata la statua della beata Vergine della Cintura sia di lui propria”. Si decide, allora, di celebrare le messe stabilite dal legato all’altare maggiore “sino a che resti eretto l’Oratorio fisso della B.V. della Cintura, che pensano quei parrocchiani d’erigere quanto prima”. E’ desiderio comune costruire una chiesetta dedicata alla Madonna della Cintura, che poi, in realtà, non verrà mai realizzata.
La famiglia Rappi sperava conferire la cappellanìa a qualcuno dei suoi discendenti, infatti una clausola dice: “essendo presentato, ed instituito a detto beneficio qualche chierico della famiglia, questo sintanto non sarà costituito nel sacro ordine del suddiaconato, non sia tenuto a recitare l’ufficio grande, ma solo l’ufficio della B.V. Maria”. Si concede una facilitazione ai chierici che si stanno preparando al sacerdozio, imponendo loro un obbligo meno gravoso, cioè la recita dell’ufficio della Madonna e non quello solenne. Chi è investito del beneficio, deve celebrare tre messe alla settimana per tutto l’anno. Vengono citate due confraternite: quella del SS. Sacramento e quella della Madonna della Cintura. Era il modo di allora per impegnarsi nell’apostolato dei laici. Ormai le cappellanie e il diritto di patronato sono spariti in nome di una maggior libertà e indipendenza del Vescovo nel governare la sua diocesi.
Fonte: Abbadia Oggi – 21 Gennaio 1994
Torna alla Madonna della Cintura della Chiesa di San Lorenzo
Abbadia: Le Campane della Chiesa di San Lorenzo
Siamo abituati a sentire il suono delle cinque campane della nostra chiesa parrocchiale nelle occasioni liete e in quelle tristi; forse ci siamo chiesti: quando sono state fuse? che tonalità hanno? Qualcuno dei più anziani si ricorda quelle esistenti precedentemente e il giorno della consacrazione del concerto; può darsi che esista anche qualche fotografia dell’avvenimento.
Spulciando in archivio, si trova il fascicolo che descrive le qualità tecniche e le iscrizioni incise sulle campane. Un verbale della Curia di Como dice: “Rendiamo noto che l’anno del Signore 1953, giorno 21 novembre S.E. Rev.ma Mons. Felice Bonomini Vescovo Diocesano ha consacrato due nuovi concerti di campane. Il maggiore destinato alla chiesa parrocchiale di S. Lorenzo, il minore alla chiesa del S. Cuore sui Piani Resinelli… Col parroco locale M.R. Sac. don Giovanni Zaboglio erano presenti i Reverendi Sacerdoti del Vicariato di Mandello: don Bernardo Cusini parroco di Olcio, l’Arciprete Vic. For. di Mandello Sac. Giuseppe Castelli, il Sac. Mario Galli Vic. Coop. della parrocchia del S. Cuore, Sac. Lorenzo Beretta Vic. Coop. di Mandello, Sac. Marco Gherbi parroco di Lierna col suo Vic. Coop. Sac. Broggi Francesco”.
La ditta che fuse le campane aveva sede in Valtellina: Giorgio Pruneri di Grosio. Nel suo timbro si dice che venne fondata nel 1822. I documenti di allora furono firmati dal Dott. Ing. Paolo Pruneri. Egli afferma che il concerto di cinque campane è in tono Re Internazionale. Come testimoniano i maestri Sac. Domenico Gadola e Sac. Mario D’Amato la prima campana risponde alla nota Re, la seconda al Mi, la terza al Fa diesis, la quarta al Sol, la quinta al La.
Tutte hanno un timbro di voce squillante e pastosa. Il peso complessivo è di kg. 3.702. Ogni campagna è dedicata a dei santi e porta delle iscrizioni con frasi latine augurali e il nome dei donatori.
Sulla prima campana di kg. 1.286 si legge: Rex Regum et Dominus Dominantium (Re dei Re e Signore dei Signori) – Pio XII Pont. Max., Felice Bonomini com. Eccl. Ep., Joannes Bapt. Zaboglio Par. Sufficiendum curavit, anno Mariae MCMLIV – Comm. Carlo Fiocchi, Pia Fiocchi, Alberto Locatelli. E’ dedicata a Cristo Re.
Sulla seconda di kg. 918,500 è scritto: Assumpta est Maria in coelum: gaudent angeli. Nelida Rainoldi, Guido Cima. E’ dedicata alla B.V. Assunta, a S. Agnese, a S. Maria Goretti, a S. Teresa.
Sulla terza di kg. 641,500 si legge: Venite justi in adiutorium populi Dei (Venite giusti in aiuto del popolo di Dio). Giulia Vaccari, Giovanni Morassuti. E’ dedicata a S. Lorenzo, a S. Antonio Abate, a S. Antonio da Padova, a S. Giorgio. Sulla quarta di kg. 496,500 è scritto: Veni sponsa Christi et coronaberis (Vieni sposa di Cristo e sarai coronata).
Concetta Zani, Luigi Canali. E’ dedicata a S. Eurosia, al S. Cuore di Gesù, al S. Cuore di Maria, a S. Giovanni Battista.
Sulla quinta, di kg: 359,500 si legge: Da mihi animas cetera tolle (dammi le anime, toglimi le altre cose). Amelia Donini, Mario Canali. E’ dedicata a S. Giovanni Bosco, a Maria Ausiliatrice, a S. Giuseppe, a S. Domenico Savio.
Fonte: Abbadia Oggi, 21 Novembre 1989
Abbadia: La Madonna della Cintura nella Chiesa di San Lorenzo
La spiritualità agostiniana è testimoniata nella parrocchia di Abbadia anche dalla devozione alla Madonna della Cintura.
Due feste sono particolarmente care alla nostra popolazione: S. Apollonia il 9 di febbraio e la Madonna della Cintura la prima domenica di settembre.
Nella chiesa parrocchiale, nell’altare laterale di destra, si conserva un’elegante statua della Madonna con Gesù Bambino in braccio, che una volta all’anno viene esposta in un bellissimo trono e portata in processione nella prima domenica di settembre. Appesa alla mano di Maria e del Bambino vediamo una piccola striscia di cuoio, è la cintura che dà il nome alla festa. Spiegava don Raspini nel bollettino “La voce del Pastore” del settembre 1937: “Ci sappiamo allora dare una ragione di quella striscia di cuoio che tiene in mano la Vergine nella bella statua che veneriamo, e del fatto che mentre i confratelli delle parrocchie vicine si cingono i fianchi col solito cordone, da noi portano invece la cintura di pelle”. Il motivo è di tipo storico. I Servi di Maria, dei quali è nota la pietà verso la Vergine, avendo ereditato dagli eremiti di S. Agostino la devozione alla Madonna della Cintura, l’hanno introdotta nel nostro paese. Questa tradizione fa riferimento anche alla Madonna Addolorata (che si venera ai Campelli) o alla Madonna della Consolazione. La storia dice che la Vergine abbia consegnato la cintura a S. Monica, afflitta per morte del marito e per la vita sregolata del figlio Agostino non ancora convertito. La madre del crocifisso consola la madre di un giovane che si è incamminato sulla via della perdizione. In ogni epoca ci sono delle persone addolorate per vari motivi, che si possono rivolgere con fiducia a Maria per avere conforto e consolazione. La citura è simbolo di appartenenza alla Madonna e di una vita corretta e virtuosa, piena di fede, di giustizia, di fortezza e di purità. Come dice ancora don Raspini nel bollettino del settembre 1935, la statua in legno che veneriamo nella chiesa parrocchiale è antichissima e di squisita fattura ed era già presente nella vecchia chiesa ora conosciuta come “Chiesa Rotta”. Venne fatta restaurare da don Giovanni alla fine degli anni 70 ed ora si presenta a noi nella sua bellezza originale. La Madonna, in piedi, si erge come una figura ieratica, avvolta da un ampio ed elegante panneggio. Il velo è bianco, la veste rossa, il manto azzurro, entrambi con ricami dorati. Dalla mano protesa verso i fedeli pende la cintura, mentre con l’altro braccio sostiene il bambino, che a sua volta sorregge un piccolo mappamondo sormontato dalla croce. Tutta la statua è sorretta da una nuvola da cui sbucano tre cherubini.
Fonte: Abbadia Oggi – 21 Gennaio 1991
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Abbadia: Il Battistero della Chiesa di San Lorenzo
Nel 1989 venne costruita l’attuale fonte battesimale ad opera dello scultore Fulvio Simoncini, che proprio in nell’anno precedente (1988) era stato apprezzato dai critici e dalla popolazione per il monumento alle vittime della violenza, che si vede passando da Pescate, vicino alla chiesa.
La fonte è di forma esagonale e sostiene una vasca circolare: due figure geometriche semplici, ma classiche, simbolo di perfezione. L’idea teologica guida è la seguente: il Cristo è il Salvatore di tutti gli uomini, lo Spirito Santo ha guidato Maria, Elisabetta, Giovanni il Battista, Gesù, i suoi discepoli e continua a santificare tutti i battezzati. In sei formelle pulite ed essenziali, ma plastiche e piene di sentimento, lo scultore fa passare tutto il mistero della salvezza secondo la rivelazione cristiana. La storia del mondo è cambiata per la nascita di Gesù: “Et Verbum caro factum est”. L’imperatore romano sembrerebbe attirare l’attenzione di tutte le genti, delle folle, ma la sua gloria cade in rovina, mentre continua a vivere il Cristo nato nel nascondimento e nell’umiltà. Quando Maria fa visita ad Elisabetta, il bambino che deve nascere da lei ha un fremito, ed ella, ripiena di Spirito Santo, esclama: “Benedictus fructus ventris tui” Benedetto il frutto del tuo seno. Maria, in ginocchio come un’umile serva, confessa e proclama che quanto sta avvenendo in lei è opera di Dio ed eleva a Lui il cantico del Magnificat. La quarta formella (nella foto) raffigura Giovanni Battista che indica ai suoi discepoli e alle folle Gesù: “Ecce Agnus Dei”. Egli dice che ha visto lo Spirito di Dio scendere come colomba dal cielo e posarsi sopra il maestro che sta cominciando la sua vita pubblica di annuncio del Regno. Nel momento del battesimo di Cristo, il cielo si apre, si manifesta ancora lo Spirito di Dio che, come una colomba, si posa su di Lui. E dall’alto viene una voce: “Tu es filius meus dilectus” Tu se il mio figlio che amo. Infine il mistero del Salvatore si conclude con la morte in Croce, che tuttavia fa intravvedere la risurrezione: “Oportebat Christum pati et resurgere” Era necessario che Gesù soffrisse e risorgesse. Lo scultore, con una modellazione delicata e una luce quasi soffusa, descrive il messaggio che vuol comunicare in maniera chiara, ma nello stesso tempo molto lascia sottintendere, soprattutto con gli sguardi delle donne in procinto di diventare madri, o con le figure ieratiche del Battista. Le folle, appena abbozzate, col loro gioco di ombre e di luci, danno il senso dell’intuizione del mistero, che tuttavia diventa comprensibile e luminoso solo nella meditazione personale.
Fonte: Abbadia Oggi – Anno VIII – N 6 21 Novembre 1989